Olio su tavola. Sacra famiglia con Sant’Anna e San Giovannino . XVI secolo

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Il dipinto che presentiamo rappresenta un pregevole omaggio, identico per supporto e tecnica pittorica, alla famosa “Madonna della gatta” di Giulio Romano, opera databile tra il 1521-1524 e conservata al Museo Nazionale di Capodimonte in Napoli.  La nostra opera...
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Il dipinto che presentiamo rappresenta un pregevole omaggio, identico per supporto e tecnica pittorica, alla famosa “Madonna della gatta” di Giulio Romano, opera databile tra il 1521-1524 e conservata al Museo Nazionale di Capodimonte in Napoli. 

La nostra opera costituisce infatti una pregevole replica di bottega del menzionato dipinto, ascrivibile ad un pittore tardo-manierista, appartenente, per l’appunto, all’atelier di Giulio Romano.

Lo schema piramidale della composizione agiografica costituisce un diretto rimando alla lezione di Leonardo e Raffaello, che avevano, per così dire, fissato le linee guida per la realizzazione di analoghi soggetti (Sacre Famiglie). 

Diretto, infatti, è il confronto tra il nostro dipinto, la matrice di Giulio Romano, e la “Madonna della Perla” di Raffaello, attualmente conservata al Museo del Prado di Madrid, inizialmente (a partire dal 1656) custodita al monastero-pantheon dell’Escorial e, così denominata dal re di Spagna Filippo IV, perché considerata l’opera di maggior valore delle sue collezioni. 

Il fatto che la “Madonna della perla”, databile intorno al 1518-1520, risulti essere stata realizzata da Raffaello con la collaborazione del suo allievo prediletto, Giulio Romano e che, successivamente sia stato oggetto di una personalissima rivisitazione da parte del discepolo dell’Urbinate, ci permette di avanzare alcune osservazioni anche in merito alla nostra tavola, concernenti analogie e differenze di un soggetto che, a quanto pare, deve aver goduto di particolare fortuna iconografica.

Anzitutto, rispetto alla “Madonna della perla” e, in piena continuità, invece, con la “Madonna della gatta”, è palese, nella replica di bottega in oggetto, un totale abbandono dei colori freddi a favore di un chiaroscuro netto e drammatico (cfr. Stefania Pasti, Giulio Romano e la Madonna della gatta: uno studio iconografico in “Storia dell’ Arte” 31, 2012).

Se la scena segue lo schema piramidale di Raffaello, se è ugualmente ricca di risonanze emotive, le tonalità cromatiche delle vestii, da quelle della Vergine a quelle di sant’Anna, si stemperano alla ricerca di una maggiore, seppur sempre composita, stilisticamente equilibrata, drammaticità. 

Come nella “Madonna della gatta” l’esecutore di questa tavola rifugge tanto dalla dolcezza di Raffaello che dallo “sfumato” leonardesco, a favore di un segno inciso, quasi grafico (cfr. Renato Barilli, Maniera moderna e Manierismo, 2004). 

Elemento indiscutibile di specularità e continuità con l’esemplare di Raffaello e la tavola di Giulio Romano è, invece, la gerarchizzazione dei personaggi: il loro intenso gioco di sguardi conduce l’occhio dello spettatore a spostarsi fra loro, analizzandoli lentamente uno ad uno, da Maria a san Giovannino al Bambino fino a sant’ Anna. Solo il san Giuseppe svolge un ruolo secondario, relegato, in entrambi di dipinti, in secondo piano, quasi da osservatore esterno. 

Come l’esemplare di Giulio Romano, anche la nostra tavola è databile, più o meno, agli anni immediatamente successivi la morte di Raffaello (1520), allorché l’Allievo eredita per testamento dal Maestro la bottega e le commissioni già avviate realizzando assieme a Gian Francesco Penni la Sala di Costantino in Vaticano qualificandosi come il più brillante erede dello stile raffaellesco. 

Sono anni, quelli romani, in cui Giulio Romano è impegnato in vari dipinti di soggetto agiografico, tra i quali meritano di essere ricordati la “Pala Függer” nella chiesa romana di santa Maria dell’ Anima e la “Lapidazione di santo Stefano”. 

Resta da interrogarsi sul tópos iconografico della presenza del gatto, che oscilla, in un’autorevole tradizione risalente a Lorenzo Lotto (Annunciazione di Recanati) e che, sarà particolarmente cara al Barocci, tra rappresentazione naturale di un contesto domestico e significato simbolico, negativamente connotato, in quanto connesso al Male ed all’ opera antisalvifica del Diavolo. 

Misure : H 98 x 84 

 

 

 

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