Bottega del Giampietrino, Cristo deriso

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Bottega di Gian Pietro Rizzoli detto Giampietrino (1480/1485 – 1553) Cristo Deriso  Olio su tela, cm 74 x 58     L'episodio della derisione di Cristo, narrato nei Vangeli sinottici, ha rappresentato per gli artisti di ogni epoca una fonte...
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Ars Antiqua SRL Ars Antiqua apre nel 2000 per iniziativa di Federico Bulga...

Bottega di Gian Pietro Rizzoli detto Giampietrino (1480/1485 – 1553)

Cristo Deriso 

Olio su tela, cm 74 x 58

 

 

L'episodio della derisione di Cristo, narrato nei Vangeli sinottici, ha rappresentato per gli artisti di ogni epoca una fonte inesauribile di ispirazione e riflessione. La scena, carica di pathos e di significato teologico, è stata tramandata attraverso secoli di storia dell'arte, dando vita a un'iconografia ricca e complessa. Nonostante la varietà di stili e di interpretazioni, alcune caratteristiche ricorrono con regolarità nelle rappresentazioni del Cristo Deriso: la figura centrale è sempre quella di Cristo, rappresentato come un uomo sofferente e umiliato, ma al contempo regale nella sua dignità. Intorno a lui si muove una folla di personaggi, spesso anonimi e grotteschi  che lo deridono, lo schiaffeggiano e lo spogliano. Gli strumenti della passione sono spesso presenti;  la corona di spine, la canna e la spugna imbevuta di aceto, che sottolineano la sofferenza di Cristo; un manto rosso, ultimo riferimento alla sua regalità, il corpo nudo e straziato. Nella presente l’episodio della derisione di Cristo è sottointeso soltanto dalla presenza di uno sgherro che con aria sorniona guarda Gesù. Quest’ultimo non sembra soffrire ma, il suo volto è segnato da un'intensa serenità, che sottolinea la sua divinità e la sua capacità di perdonare. La tela si caratterizza per i colori saturi e squillanti, quasi smaltati, e per il valore plastico dei volumi resi mediante un sapiente uso del chiaroscuro. Non ci sono elementi che connotano lo sfondo, avvolto da una coltre di nero. La palette di colori è ridotta e ben calibrata, studiata con attenzione per far risaltare l’incarnato chiaro del Gesù. Ogni dettaglio, come la definizione ben lumeggiata dei singoli capelli, ‘incarnato e la volumetria del corpo, rimanda ai leonardeschi più dotati quali Andrea Solario e Giovan Pietro Rizzoli detto Giampietrino. Molteplici sono i riferimenti alle opere del Giampietrino, il quale era solito riproporre più versioni dello stesso soggetto, come avviene per l’apprezzata Madonna della mela, conservata in diversi musei da Brera, all’Hermitage di San Pietroburgo, o lo stesso Cristo portacroce di Milano e Torino. La tela in esame riprende molto della pratica pittorica e compositiva del Giampietrino: l’ampio uso del rosso, i colori saturi, la visione ravvicinata del soggetto, perfino la caratterizzazione dei volti e le loro espressioni. Difatti, in collezione privata (e pubblicato in Fototeca Zeri, n. 32694) è conservato un Cristo Deriso di Giampietrino che mostra un’impostazione identica a quella qui proposta. Le fattezze di Cristo, la posa similare e i volti degli sgherri si ritrovano anche nel Cristo Deriso della Pinacoteca Ambrosiana  nell’Incoronazione di Spine del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo  ma anche nell’esemplare della Pinacoteca Albertina di Belle Arti di Torino. Lo stesso atteggiamento di infinita compassione vi si osserva nell’Ecce Homo del Musée des Beaux-Arts de Nancy.  

Giampietrino dovette entrare nella bottega di Leonardo da Vinci già negli anni 90 del Quattrocento, proprio negli anni in cui il Maestro si impegnava nella decorazione del Cenacolo in Santa Maria delle Grazie a Milano. Nel 1509 Giampietrino dovette essere artista indipendente. Questa prima stagione era segnata profondamente dagli insegnamenti di Leonardo e mostrano derivazioni dai disegni del maestro. Tra le opere giovanili vi sono una Madonna con il Bambino del Museo Poldi Pezzoli di Milano, la Natività e il Cristo deriso dell’Accademia Albertina di Torino, la Madonna del latte della Galleria Borghese e il Compianto della Gemäldegalerie di Berlino. L'atmosfera sfumata della pittura di Leonardo da Vinci si ritrova nell'unica opera di cui si possegga il contratto originale della commissione, del 1521: una Madonna con Bambino e i Santi Michele e Gerolamo per la chiesa di San Marino a Pavia, a cui si aggiungono evidenti richiami alla pittura di Cesare da Sesto e al suo classicismo vissuto in ambito romano. Particolarmente prolifica fu la produzione di piccoli dipinti destinati alla devozione privata, ritenute dalla critica talvolta come opere autografe di Leonardo. Particolarmente apprezzata fu la Madonna della mela, che fu replicata più volte felice sintesi di un modello raffaellesco e dello sfumato leonardesco.  Fra le sue opere di maggiore impegno vi sono alcune importanti pale d'altare come il trittico dell'abbazia dei Gerolamini di Ospedaletto Lodigiano del 1515 o il polittico per la Basilica di San Magno a Legnano, ancora in loco,   Negli ultimi decenni l'orizzonte di Giovanni si accosterà sempre più alle emergenti istanze manieristiche rintracciabili, ad esempio, nella Madonna di Loreto coi Santi Giovanni Battista e Caterina della Chiesa di Sant'Ambrogio a Ponte Capriasca, nella Natività (Museo Civico di Belle Arti di Lugano) e in soggetti mitologici dal tratto languido e sensuale. In esse emerge un classicismo che ricorda le coeve opere del Luini.

 

 

 

L'oggetto è in buono stato di conservazione

 

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