Giuseppe Pinacci (Siena, 1642 - 1718), Battaglia tra cavallerie turche ed europee
Giuseppe Pinacci (Siena, 1642 - 1718)
Battaglia tra cavallerie turche ed europee
Olio su tela, cm 92 x 151
Bibliografia di riferimento:
C. Monbeig Goguel, Un nouveau regard sur Giuseppe Pinacci entre Naples et la Toscane, in Studi di Storia dell'Arte in onore di Mina Gregori, Cinisello Balsamo 1994, pp. 301-306
G. Sestieri, I pittori di battaglie. Maestri italiani e stranieri del XVII e XVIII secolo, Roma 1999, pp. 402-405, figg. 1-8, tavv. IV, pp. 110-112
A Firenze il genere battaglistico non godette di un ampio pubblico di estimatori. Tuttavia, dopo il soggiorno di Salvator Rosa, la notorietà di Michelangelo Cerquozzi e la fama di Jacques Courtois detto il Borgognone, documentato a Siena e a Firenze prima del 1640, si avvertì l'interesse da parte dei collezionisti più avveduti. Nel 1648, infatti, Fabrizio Piermattei, uno dei principali agenti medicei a Roma, scrisse a Giovan Carlo che “il Borgognone si porta assai bene nelle battaglie e va per una maniera assai simile a quella del Rosa” (cfr. N. Barbolani, Paesaggio e battaglia a Firenze dopo Salvator Rosa, in Firenze milleseicentoquaranta. Arti, lettere, musica, scienza, a cura di E. Fumagalli, A. Nova, M. Rossi, Venezia 2010, pp. 325-348). Il contributo di Rosa e del Borgognone fu quindi determinante, altresì agevolato dalle cronache inerenti alla guerra contro i Turchi, le numerose rivolte civili e il conflitto trentennale che sconvolse l'Europa, eventi che condizionarono l'immaginario collettivo e, di conseguenza, il genere della battaglia divenne protagonista delle quadrerie. Detto ciò, gli artisti che si imposero furono per lo più forestieri, come il polacco Pandolfo Reschi (Danzica, 1643 - Firenze, 1699) e il senese Giuseppe Pinacci, ma è importante notare che entrambi frequentarono la bottega del fiammingo italianizzato Livio Mehus, per poi affidarsi agli insegnamenti del Borgognone. La personalità dell'artista senese risulta ancora sfuggente, sia pur nota una sua mobilità e vivacità intellettuale attestata dalla frequentazione a Napoli del marchese de Carpio e di Padre Resta, con i quali fondò una 'scuola platonica' dedicata alla discussione di argomenti artistici. Le sue opere risultano riconoscibili poiché spesso contrassegnate dalla presenza dei monogrammi “GP” o “GB”.
Tornando alla tela qui presentata, è inequivocabile l'insegnamento del Borgognone, in particolare per la rappresentazione del combattimento descritto con realismo e attenta regia, che pone in risalto il vortice di violenza che trova il suo apice al centro della tela, con il cavaliere che vibra colpi di spada secondo una sorprendente intonazione realistica. Il forte dinamismo della scena, caratterizzata per colori fumosi e rapide pennellate luminose che rischiarano il metallo delle armature, risulta essere comune a varie opere dell’artista di origini senesi, tra cui ricordiamo la Battaglia della Galleria palatina di Palazzo Pitti e la Scena di aggressione del Palazzo della prefettura di Arezzo.