Cerchia di Giacomo Francesco Cipper, detto il Todeschini (1664 - 1736), Pitocco

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Cerchia di Giacomo Francesco Cipper, detto il Todeschini (Feldkirch, 1664 - Milano, 1736) Pitocco Olio su tela, cm 80 x 61 - con cornice cm 95 x 74   La tela esaminata è da riferire alla mano di un pittore attivo nella cerchia di Giacomo Francesco Cipper, detto il...
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Cerchia di Giacomo Francesco Cipper, detto il Todeschini (Feldkirch, 1664 - Milano, 1736)

Pitocco

Olio su tela, cm 80 x 61 - con cornice cm 95 x 74

 

La tela esaminata è da riferire alla mano di un pittore attivo nella cerchia di Giacomo Francesco Cipper, detto il Todeschini (1664-1736). Di origine austriaca, non si conosce il momento in cui il Todeschini si trasferì in Italia; nel 1696 risulta residente a Milano, dove sposa la figlia di un notaio, Giulia Francesca Galdone. Fu prevalentemente attivo nella città meneghina, Bergamo e Brescia, diventando lombardo d'adozione. Durante il suo percorso creativo, il Cipper rinnovò la tradizione seicentesca dei Bamboccianti rileggendo in chiave personale gli esempi di Monsù Bernardo e del Magnasco. Dalle sue opere traspare l'ambizione di trasferire con spirito monumentale le sue idee, dedicandosi ad una realistica definizione degli oggetti di uso quotidiano, dei cibi e delle suppellettili, giungendo sino alle massime conseguenze della tradizione comica e grottesca, che in area lombarda trova le sue origini nel rinascimento. 

Spesso cromaticamente vivaci e ambientate all’aperto sono le sue opere del primo decennio, mentre, negli anni successivi, il Todeschini ripiegherà sempre più verso composizioni al chiuso garbate nei colori, ma sempre di tono teatrale e ridanciano. Sulla scorta di approfondimenti critici sulla sua opera, Alessandro Morandotti (La Natura morta in Italia, Milano, Electa, 1989, vol. I, p. 288) riconduce il suo repertorio di contadini che mangiano, scene zingaresche, giocatori di carte o di morra, concerti, lezioni di musica, venditori di pesce, e i suoi “incarnati risolti arditamente con toni bruni appena accesi da colpi di rosso e di bianco” alla lezione del pittore danese Eberhard Keil, detto Monsù Bernardo (1624–1687), vissuto a Roma nella seconda metà del Seicento e che tra Roma e Napoli trasse la maggior parte dei motivi delle sue scene di genere. A differenza, tuttavia, degli altri pittori di scene di genere del XVII secolo, come molti caravaggeschi, ma anche del XVIII, si pensi, ad esempio, al Ceruti, e malgrado il suo indubbio virtuosismo tecnico, Todeschini bandì accuratamente dalla sua pittura ogni atteggiamento pensoso o malinconico e ogni intento psicologico e sociale, mantenendosi sempre, per carattere personale e, forse, per il gusto della sua clientela, entro un sorridente e facile umorismo, anche quando questo contraddice il tema stesso del quadro. 

 

 

 

 

 

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