Jan Miel ( 1599 - 1663), Paesaggio della campagna romana con maniscalco
Jan Miel (Beveren-Waas, 1599 - Torino, 1663)
Paesaggio della campagna romana con maniscalco
Olio su tela, cm 114,5 x 146
Con cornice, cm 132 x 162
Pubblicato sul portale del Nederlands Instituut voor Kunstgeschiedenis (RKD) - https://rkd.nl/imageslite/536229
Jan Miel detto Giovanni Miel o anche Giovannino delle Vite (Beveren-Waas, 1599 – Torino, 1663) fu un pittore fiammingo attivo in Italia, in particolare a Roma, nel gruppo della Scuola dei Bamboccianti, il cui esponente principale fu Pieter van Laer, artista che diffuse l'interesse di rappresentare la vita quotidiana della Città Eterna.
Nato a Beveren-Waas (Anversa) nel 1599, allievo di Gerard Seghers e probabilmente anche di Antoon van Dyck, Miel è documentato a Roma a partire dal 1636 (sebbene sia verosimile che vi fosse giunto già tre anni prima), influenzato da quella generazione di artisti olandesi e fiamminghi che approdavano nella capitale spinti dal desiderio di attuare una profonda meditazione sulla pittura naturalistica e di genere.
Tipico della Scuola era il ritrarre scene popolari di vita comune della Roma papale, con particolare attenzione al mondo umile dei contadini, dei cacciatori e delle massaie e a quello relegato ai margini della società comprendente ruffiani, ladri, giocatori e bari, prostitute, mendicanti e vagabondi, accostandoli alla riproposizione in chiave classica dei ruderi di epoca romana. La committenza veniva prevalentemente dalla nobiltà e dall'alta borghesia, desiderosa di elevare il proprio status sociale.
Nonostante la sua produzione sia stata per lungo tempo confusa con quella di Michelangelo Cerquozzi e del capostipite Van Laer, a Roma Miel conobbe una grande fortuna. Divenne membro dell’Accademia di San Luca e dell’Accademia dei Virtuosi al Pantheon dove, oltre ad eseguire numerose scene di genere, ricevette anche commissioni pubbliche per S. Martino ai Monti (1651), S. Maria dell’Anima (1650-3) e S. Lorenzo in Lucina (1654 ca.). Tra gli incarichi più prestigiosi che gli vennero affidati ci furono, dapprima, la decorazione di Palazzo Barberini e in seguito, nei primi anni Cinquanta del secolo, il coinvolgimento per conto di Pietro da Cortona (che lo inserì tra i cosiddetti “pittori più celebri di quei tempi”) nel cantiere della decorazione della galleria di papa Alessandro XVII del Palazzo del Quirinale.
Nel 1658 il duca di Savoia Carlo Emanuele II lo chiamò a Torino affinché si occupasse della decorazione del Palazzo Reale di Torino e della Reggia di Venaria, allora in costruzione. Alla Reggia di Venaria realizzò un ciclo di affreschi sulla volta del centrale Salone di Diana e, nello stesso salone, dieci dipinti dedicati alle cacce del duca.
La tela in esame, raffigurante un Paesaggio della campagna romana con maniscalco, esprime, di fatto, i caratteri tipici del maestro fiammingo, non solo per la sua aderenza ai modi bamboccianti, ma altresì per la stesura del colore e le tipologie fisionomiche dei personaggi rappresentati. L’opera, dalle generose dimensioni, consente di apprezzare la cura e la minuzia con cui l'artista descrive il paesaggio nei pressi delle Mura Aureliane, i protagonisti con le loro gestualità e gli umili indumenti, il mondo animale dei cavalli, degli asini e dei cani: tutte attenzioni che denotano una visione e uno studio dal vero, senza filtri letterari, ma con spiccato naturalismo non giudicabile sbrigativamente come aneddotico o di genere. L’impegno profondamente realista e la serietà con cui raffigura un’umanità misera senza cedere al gusto per il grottesco contraddistingue l’opera dalle più tipiche bambocciate, trasformando la tela in una preziosa testimonianza di vita quotidiana, oltre che geografica di come fossero le campagne romane nel XVII secolo.
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