XVII secolo, scuola fiamminga, La vocazione di San Pietro
XVII secolo, scuola fiamminga
La vocazione di San Pietro
Olio su tela, cm 39 x 51
Con cornice, cm 54 x 66
Il dipinto, attribuibile ad un pittore fiammingo del Seicento, raffigura un paesaggio con alcune rocce scoscese in cui è ambientata la chiamata di Pietro da parte di Cristo, noto episodio evangelico qui riconoscibile in basso al centro. In mare, oltre ad alcune galere, spicca una piccola imbarcazione sulla quale figurano gli apostoli Andrea, Giacomo e Giovanni. La scena illustra l’incontro di Gesù con due pescatori, Simone e Andrea, avvenuto sulle rive del lago di Tiberiade e seguito dall’invito a lasciare ogni cosa per seguirlo nel suo cammino. Nel quadro generale della narrazione evangelica, questo episodio è centrale poiché rappresenta non solo l’inizio dell’attività di Gesù come predicatore, ma anche il fondamento della storia futura della religione cristiana. Simone e Andrea, infatti, sono destinati a portare avanti l’opera del loro maestro, dopo il tragico epilogo della sua vicenda terrena. Simone in particolare, proprio dal momento del primo incontro con il profeta viene da lui denominato Pietro, ricevendo la missione di fondare la futura chiesa di Roma. L’essenza di questo passaggio così solenne viene rappresentata in una composizione di grande chiarezza narrativa, in cui la disposizione dei personaggi permette allo spettatore di individuare con chiarezza il momento e cogliere primariamente l’intenso gioco di sguardi tra maestro al suo discepolo, laddove si rende manifesta a un tempo la rivoluzionaria richiesta di Gesù e la convinta adesione di quest’uomo semplice, pronto a diventare “pescatore di anime”. Il tema della vocazione di Pietro si rivela particolarmente fortunato per quanto concerne la pittura sacra Seicentesca: ci basti pensare alle opere di Caravaggio e di Cigoli. Il soggetto è comune anche in area fiamminga così come attestato dalla Vocazione dei Santi Pietro e Andrea della Galleria Borghese di Roma, attribuito a Joachim Patenier (inv. 359).