Francesco Cozza (1605 – 1682), La morte di Cleopatra

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Francesco Cozza (Stilo, 1605 – Roma, 1682) La morte di Cleopatra Olio su tela, cm 172 x 124 Con cornice, cm 140,5 x 188 Scheda critica Prof. Alessandro Agresti La tela in esame è da ricondurre, per caratteristiche stilistiche e formali, alla produzione più...
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Francesco Cozza (Stilo, 1605 – Roma, 1682)

La morte di Cleopatra

Olio su tela, cm 172 x 124

Con cornice, cm 140,5 x 188

Scheda critica Prof. Alessandro Agresti

La tela in esame è da ricondurre, per caratteristiche stilistiche e formali, alla produzione più matura del pittore Francesco Cozza (Stilo, 1605 – Roma, 1682). Nato a Stilo, in Calabria, intorno al 1605, all’età di circa vent’anni si trasferì a Roma, ospitato dal Convento dei Padri Minimi di San Francesco di Paola che avevano l'ufficiatura dell'annessa Chiesa di S. Andrea delle Fratte. Entrato nella bottega del Domenichino, divenne ben presto l’allievo prediletto iniziando a collaborare col maestro nelle "sue maggiori decorazioni a fresco" e arrivando a dipingere le prime tre lunette "lungo il fianco della Chiesa di S. Andrea". Sempre giovanissimo entrò a far parte dell'Accademia di San Luca, ormai diventata il centro di cultura artistica per eccellenza, della quale facevano parte famosi artisti come Velazquez, Salvator Rosa, Giacinto Brandi e il calabrese Gregorio Preti, fratello del più famoso Mattia. Il suo innato talento artistico lo portò ad essere nominato, già nel 1648, virtuoso di merito e successivamente, nel 1655, reggente dell’Accademia. Un ruolo particolare, alla base dello sviluppo della pittura del Cozza, venne svolto dal nipote del Pontefice Innocenzo X, Don Camillo Pamphilj, che nel luglio del 1658, gli affidò l'incarico di affrescare la volta della Stanza del Fuoco per il Palazzo di Valmontone. Nel 1660 l’artista realizzò la pala raffigurante la Madonna del Riscatto per la Chiesa di Santa Francesca Romana, considerata una delle sue opere maggiori.

Quella in cui visse ed operò Francesco Cozza è da considerare un'epoca assai importante per l'arte, in cui ebbero modo di incontrarsi le più contrastanti tendenze, i richiami dei michelangioleschi e una corsa all’analisi del senso della natura. Il Cozza, quindi, si ritrovò al centro delle tendenze in voga, unificandole, filtrandole e concretizzandole in immagini immerse in un mondo, ora reale, altre volte di sogno. La sua pittura, pienamente seicentesca, è costituita da una trama complessa, nella quale si incontrano le influenze di Guido Reni, vero trionfo di una composizione calma ma dai colori freddi e intensi, la coscienziosità e la grazia delle figure del Domenichino e infine la sontuosità tipicamente barocca del Lanfranco e del Berrettini.

L'ultimo ventennio della vita del pittore, quello che lo vede coinvolto nel dipinto qui presentato, si arricchì sempre di più di elementi nuovi o fino ad allora poco sviluppati, non solo di ordine tipologico ma anche stilistico. L'idea compositiva del pittore si perfezionò anche attraverso la sperimentazione di modelli e cromie su bozzetti che realizzava appositamente. L'uso appropriato dei colori e l’estrema sapienza nel calibrare la luce sono, infatti, elementi essenziali nel riconoscimento dell'ultimo decennio produttivo di Francesco Cozza.

Il pregevole esemplare inedito qui presentato, caratterizzato da finezza esecutiva, patetismo ed estrema sensualità, affronta un soggetto particolarmente diffuso in Occidente, ovvero quello della Cleopatra morente dopo il morso dell’aspide, iconografia già affrontata da celebri artisti quali Guido Reni, Artemisia Gentileschi e Guercino. La regina è qui colta distesa in primo piano, avvolta da un delicatissimo panneggio che ne esalta le forme del corpo, riprendendo di fatto la posa dell’Arianna Dormiente conservata presso i Musei Vaticani. Variante rispetto alla tradizionale rappresentazione è la presenza dei due putti, uno intento a scacciare il rettile e l’altro colto nel momento in cui cerca di fermare la protagonista dal compiere l’estremo gesto, che sembrano riprendere i tratti fisiognomici di quelli presenti nell’opera Cristo morto e angeli con strumenti della passione (New York, Sotheby’s, 15 ottobre 1987). La Cleopatra, contraddistinta da un volto sottile, il naso a punta e il mento leggermente aguzzo, sembra, invece, far riferimento alle figure dei dipinti Agar e l’angelo (Rijksmuseum, Amsterdam) ed Ester e Assuero (Coll. Wright Miller, Palo Alto, California). Opera di indiscutibile maturità espressiva e di elevata qualità artistica, l’intenso plasticismo conferito ai tessuti, lo scalarsi in profondità per piani successivi della composizione e il marcato illusionismo di ascendenza barocca non lasciano dubbi sull’attribuzione a Francesco Cozza.

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