Giuseppe Roncelli (1663 - 1729), Riposo durante la fuga in Egitto

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Giuseppe Roncelli (Candia, 1663 - Bergamo, 1729) Riposo durante la fuga in Egitto Olio su tela, cm 55 x 45,5 Con Cornice, cm 65 x 77   Il dipinto preso in esame, opera di Giuseppe Roncelli (Candia, 1663 - Bergamo, 1729), raffigura la scena della Fuga in Egitto entro un...
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Giuseppe Roncelli (Candia, 1663 - Bergamo, 1729)

Riposo durante la fuga in Egitto

Olio su tela, cm 55 x 45,5

Con Cornice, cm 65 x 77

 

Il dipinto preso in esame, opera di Giuseppe Roncelli (Candia, 1663 - Bergamo, 1729), raffigura la scena della Fuga in Egitto entro un dolce paesaggio: in primo piano, un fiume scorre lento tra sponde alberate mentre alcune capre vi si abbeverano. Sulla sua riva una pastorella da indicazioni alla Sacra Famiglia diretta verso l’Egitto; Maria e il Bambino sono seduti in groppa all’asino mentre a seguire vi è Giuseppe. Nello sfondo, dominato da un cielo intensamente azzurro attraversato da nubi rosate, compaiono rilievi e architetture. L'artista qui gioca con i contrasti di luce e colore ' scuri in primo piano, chiari sullo sfondo ' per rappresentare il crepuscolo, con un linguaggio che sembra anticipare soluzioni romantiche.

Giuseppe nasce a Candia nel 1661, il padre originario di Stezzano si era recato in cerca di maggiori possibilità a Creta, ma nel 1669 l’invasione dei turchi lo fece ritornare in patria. Giuseppe fu cresciuto dallo zio Bartolomeo che fece studiare il nipote nelle scuole della Misericordia prima e in seminario poi.  È qui che emergere il suo interesse verso l’arte pittorica, alimentato dalla frequentazione del pittore Antonio Cifrondi, definito dal Mazzoleni come suo primo maestro (A. Mazzoleni, Vita de’ servi di Dio G. R. e Giovanmaria Acerbis sacerdoti bergamaschi, Milano 1767, pp. 5-9, 32;).

Giuseppe proseguì poi i suoi studi raggiungendo il sacerdozio, e con l’aiuto dei Conti Moroni vestì l’abito clericale e si recò a Milano presso i gesuiti, dove conseguì una laurea in teologia; nel 1682 venne ordinato suddiacono a Bergamo e l’anno successivo conseguì il diaconato. Nonostante la sua ordinazione, si dedicò per tutta la vita all'arte, alla mondanità e allo sfarzo, frequentando non solo la nobiltà bergamasca, ma anche quella padovana e veneziana. Le varie commissioni lo portarono prima a Verona, dove affrescò una sala nella dimora dei conti Turchi, oggi perduta, e poi si fermò a Brescia per lungo tempo, soggiornando in casa Luzzago, dove realizzò molti dipinti. Qui entrò in contatto con l’arte di Pieter Mulier detto Cavalier Tempesta; questo incontro influenzò la pittura del Roncelli soprattutto per quanto riguarda la ricerca dell’effetto del mutamento dei fenomeni atmosferici e alla predilezione di paesaggi di natura bucolica e classica. 

Dopo un probabile spostamento a Roma e un viaggio in Germania, Roncelli si trovò ancora a Venezia, e nel 1710 dopo un altro breve soggiorno Bresciano torna a Stezzano dallo zio ormai anziano. Qui, come attestano le fonti, realizza alcune opere per i conti Moroni di Stezzano e a Bergamo per i Beltramelli, per i Carrara presso S. Maria, per i Carrara di Rocca e per i Quarenghi di Borgo Canale (le testimonianze non hanno comunque permesso di identificare queste opere). Poi si trasferì a Bergamo, come direttore spirituale del seminario; in questa fase gli impegni pastorali ed ecclesiastici lo allontanarono dalla pittura, a cui poteva dedicarsi raramente. A Bergamo rimase fino alla morte, che lo colse il 20 marzo 1729. 

Non si conoscono opere firmate del Roncelli e ancora più complessa è la loro datazione che possa dare appigli utili nel ricostruire l’evoluzione pittorica dell’artista. L’unica testimonianza è quella lasciata da Francesco Maria Tassi nel 1793 ( F.M. Tassi, Vite de’ pittori, scultori e architetti bergamaschi, Bergamo 1793) che distingue la sua produzione in due maniere di dipingere: la prima caratterizzata da tonte tenui e armoniose tratte dal gusto fiammingo, e una seconda maggiormente vivace, caratterizzata da azzardate tendenti ai gialli e agli arancioni. Le sue opere sono spesso occupate da personaggi quasi sempre di carattere sacro, solitamente posti in secondo piano per far posto al paesaggio, vero protagonista delle sue tele. 

Tra le opere oggi pervenuteci, oltre alle moltissime appartenenti alle collezioni private, vi sono le nove tele del Santuario della Madonna dei Campi a Stezzano, realizzate probabilmente a titolo gratuito per decorarne le pareti; due paesaggi visibili al pubblico sono conservati nel Museo diocesano di Bergamo e rappresentano Tobiolo e l’arcangelo Raffaele e La vocazione dei figli di Zebedeo: opere caratterizzate da cieli dorati dalle tinte dell’imbrunire; la Madonna Immacolata e ’angelo che conforta s. Francesco nella chiesa parrocchiale di Stezzano.

La presente opera può essere messa in correlazione alle cinque tele della navata centrale del Santuario della Madonna dei Campi caratterizzate a forti contrasti cromatici che vedono accostarsi tramonti dai gialli intensi a soffici nuvole perlacee in cieli turchesi, secondo la fase pittorica matura ben descritta da Tassi.

 

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