Scuola fiamminga, XVII secolo, Adorazione dei pastori
Scuola fiamminga, XVII secolo
Adorazione dei pastori
Olio su tavola, cm 65,5 x 45,5
Con cornice, cm 73 x 54
Questa tavola appartiene alla produzione fiamminga della prima metà del Seicento, dati i legami stilistici con il secolo precedente e l’impaginazione ordinata sia dello sfondo sia della disposizione dei personaggi. I contorni sfumati e la matericità pittorica indicano la conoscenza degli insegnamenti della nuova generazione di pittori fiamminghi, i cui esempi più illustri che si possono citare sono quelli di Rubens e Rembrandt; l’adesione a queste novità non è comunque totale, come dimostra ad esempio l’assenza di un chiaroscuro di impatto, di un’ambientazione notturna e di una fonte luminosa relativamente contrastante. I volti dei personaggi ricordano quelli presenti nelle opere fiamminghe e nordiche ma resi in maniera più edulcorata, come pure le loro pose e la loro disposizione all’interno della scena. L’artista anonimo sembra dunque essere entrato in contatto anche con altre scuole e con altri pittori, provenienti da altre zone del continente, come l’Italia, al pari di altri contemporanei fiamminghi che intrapresero viaggi nella penisola per apprendere le nozioni e le tecniche dei grandi maestri. Se alcuni intrapresero la strada tracciata dal Caravaggio, altri si soffermarono sulle istanze del manierismo cinquecentesco del centro Italia; fra le varie personalità che sostarono nelle varie città italiane spiccano quelle di Rubens (1577-1640) e Van Dick(1599-1641) ma come loro molti altri artisti delle Fiandre si recarono in Italia o per brevi periodi o per molti anni, intraprendendo carriere durature e interiorizzando i tratti stilistici dei grandi maestri, come fece ad esempio Denijs Calvaert (1540-1619), pittore nato ad Anversa e in seguito trasferitosi a Bologna che abbracciò in pieno l’arte della scuola emiliana e bolognese. La maniera italiana si percepisce nella composizione organizzata, nella precisione prospettica e nella fluidità del disegno, che danno alla tela un colore denso e ricco. L’espressività di San Giuseppe, dai lineamenti simili a quelli della Testa di anziano di Rubens a Vienna, le pose eloquenti dei due pastori chini sul Bambino e la diafana bellezza della Vergine si inquadrano ordinatamente attorno al giaciglio di paglia mentre alle loro spalle gli altri pastori, lo scorcio di capanna e di due statue laterali fino ad arrivare al paesaggio verdeggiante con le pecore al pascolo e agli edifici della città retrostante si dispiegano in un lento digradare dello scenario che permette di assaporare ogni parte del dipinto, che non lesina sui dettagli paesaggistici tipici della pittura fiamminga. La matrice rubensiana o comunque di aspirazione fiamminga si mantiene sommandosi alle istanze italiane in maniera armonica, inserendosi dunque a pieno nel Seicento e nella produzione derivante dai grandi maestri, come appunto Rubens, che seppero raccogliere i canoni dell’arte italiana e inserirli nella proprio repertorio artistico.