Niccolò Bambini (1651 - 1736), Venere e Cupido
Niccolò Bambini (Venezia, 1651 - Venezia, 1736)
Venere e Cupido
Olio su tela, cm 93 x 115; con cornice cm 129 x 151
Il dipinto esaminato raffigura in un cielo denso di nuvole la figura di Venere accompagnata da Cupido. Il figlio della dea dell'Amore, identificato dai suoi più comuni attributi, le ali, l'arco e la faretra con le frecce, è ritratto mentre indica alla madre un punto in corrispondenza dello spettatore; la composizione è completata sulla destra da un amorino, che fa capolino dalle nuvole in basso a destra, e da una coppia di candide colombe, caratteristica identificativa di Venere e parte del suo seguito.
Nella tela risultano evidenti le caratteristiche peculiari dell'arte dei Nicolò Bambini (1651-1739), pittore veneziano, particolarmente apprezzato dalla nobiltà contemporanea come decoratore di palazzi cittadini e ville, anche al fuori della città lagunare. Il dipinto è opera tipica del pittore nel periodo concomitante al suo lavoro di decorazione della Biblioteca del patriarca Dioniso Dolfin nell'Arcivescovado Patriarcale di Udine, da situare intorno al 1710, ove tra il soffitto con il Trionfo della Sapienza sacra e le quattro sovrapporte raffiguranti i Trionfi della Fede, della Conoscenza, della Chiesa e della Verità gli è molto simile come concezione pittorica ed impostazione spaziale e scenica. Lo stesso volto tondeggiante della Venere qui ritratta può essere messo in relazione con quello della Conoscenza sull'Ignoranza, dove sembra essere ritratta la medesima modella. La ferma struttura plastica, di carattere statuario, accompagnata alla luminosità delle tinte, si fonde con il motivo serpentinato del panno, solcato da tratti di colore blu sapientemente illuminati, che fluttuando dal basso verso l'alto dona alla scena un senso di moto che ben si unisce al movimento curvilineo del corpo della dea.
Evidenti sono poi le analogie con altre opere, quali il Trionfo di Venezia di Palazzo Pesaro a Venezia, dove troviamo la puntale l'analisi dei dettagli preziosi, come l'orecchino di perla, o la Galatea proposta in asta a Vienna nel 2014.
Esaminando il corpus pittorico del Bambini e relazionandolo con la tela esaminata si rintracciano suggestioni giordanesche, mediate dall'interpretazione datane da Sebastiano Ricci. Nicolò Bambini si formò infatti nella bottega del pittore fiorentino Sebastiano Mazzoni (1611 - 1678), attivo in ambiente veneto dal 1648. Il biografo settecentesco Antonio Maria Zanetti riferisce che a seguito del primo apprendistato si trasferì a Roma, dove si trovava con certezza nel 1672 e dove frequentò la scuola di Carlo Maratta. La suggestione marattesca, tuttavia, non fu mai predominante rispetto alla base stilistica veneta; già dalle prime opere dell'artista appare chiaro come egli abbia saputo unire gli insegnamenti del presente con le lezioni provenienti dalla produzione artistica veneziana del Cinquecento. Nei primi decenni del secolo XVIII subì un certo richiamo da parte della pittura di Sebastiano Ricci, al punto da generare talvolta confusioni attributive.
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