Felice Boscarati ( 1721 – 1807), Allegoria della Religione
Felice Boscarati (Verona, 1721 – Venezia, 1807)
Allegoria della Religione
Olio su tela, cm 230 x 140
Scheda critica del Prof. Giuseppe Sava
Felice Boscarati (Verona, 1721 – Venezia, 1807), talvolta citato anche come Boscaratti o Boscarato, fu un pittore veneto allievo degli artisti Matteo Brida e Pietro Rotari, che lasciarono in lui un'impronta indelebile: la gamma dei colori della sua tavolozza, infatti, divenne essenziale, facendo uso in particolar modo di varie tonalità di grigi, marroni tenui, verde oliva, rosa e neri, e il bianco per le lumeggiature.
Dopo essersi trasferito a Roma per studiare l'antico compiendo un breve apprendistato presso Pompeo Batoni, divenne pittore e insegnante a Venezia e successivamente a Vicenza. Il soggiorno veneziano venne interrotto da una lunga permanenza a Verona, sua città nativa, dove il Boscarati lavorò alacremente e con accresciuta fortuna, inviando opere anche in Inghilterra e a Monaco di Baviera.
Tra le sue opere principali ricordiamo le tele con Il sogno di Elia e Il sacrificio di Melchisedech, collocate nel transetto della chiesa dei Santi Nazaro e Celso a Verona.
Le sue opere furono ampiamente riprodotte da incisori come Domenico Cunego e Cristoforo Dell’Acqua.
La seguente tela, di imponenti dimensioni, mostra un’elegantissima rappresentazione dell’Allegoria della Religione, soggetto reso precedentemente celebre dal pittore olandese Jan Vermeer (1632 – 1675). Seguendo la descrizione del letterato Cesare Ripa nell’Iconologia, la Fede cattolica viene descritta come una donna dai dolci tratti del volto, avvolta in un abito bianco (simbolo di purezza) e coperta da un piviale in broccato policromo (portato dai vescovi e dai papi nei pontificati), intenta a reggere con la mano sinistra le Tavole della Legge di Mosè con riportati i comandamenti in lingua ebraica, mentre con la destra la verga miracolosamente fiorita di Aronne, fratello di Mosè. Se le tavole e la verga alludono all’Antico Testamento e dunque alla radice giudaica del Cristianesimo, il libro ostentato dal tenero angioletto in basso rappresenta invece il Vangelo, ovvero il Nuovo Testamento. Tra gli altri attributi specifici troviamo la presenza di due suppellettili liturgi, un turibolo e un braciere ardente di manifattura barocca, simboli dell’illuminazione della mente portata dalla Fede, in grado di scacciare le tenebre e l’oscurità dell’infedeltà e dell’ignoranza.
Da un punto di vista formale, l’opera si contraddistingue per l’esecuzione di grande raffinatezza di ogni elemento, a partire dalla resa degli incarnati, quasi di porcellana, e dalla morbidezza dei panneggi delicatamente variopinti. L’immagine nel complesso evoca un profondo senso di dolcezza e devozione nei confronti dello spettatore, qualità che l’artista riesce a trasmettere attraverso l’espressività dei volti e la finezza della pennellata. Nonostante la cornice semantica impegnativa, fortemente imperniata sulla celebrazione della Fede e della Chiesa, il dipinto è lieve nella sua interpretazione formale, denotando un ritmo leggiadro e armonioso, vivificato da una tavolozza chiara e da una sostanza pittorica crepitante di luce, nella più alta tradizione veneta.
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