Bartolomeo Castello il Giovane (detto Spadino), Natura morta
Bartolomeo Castelli il Giovane detto lo Spadino (Roma 1696 – 1738)
Natura morta di frutta con vasca di vetro
Olio su tela, cm 50 x 70
Con cornice, cm 66 x 92
Scheda Critica Dr. Gianluca Bocchi
L’inteso lumeggiare, l’apertura paesaggistica sullo sfondo, così come le pesche assolute protagoniste della tela permettono di collegare la presente alla figura di Bartolomeo Castelli il Giovane detto lo Spadino (1696 -186), esponente della famiglia dei Castelli, famosi naturamortisti romani.
Un’ulteriore conferma arriva dal raffronto con le tre nature morte pubblicate nel volume G. Bocchi, U. Bocchi, Pittori di Natura morta a Roma. Artisti italiani 1630 -1750, 2005, p 630; con i quali condivide il formato orizzontale stretto e lungo. Conservati in una collezione privata umbra le tre tele presentano sul retro la scritta “Spadino”. Il catalogo dello Spadino è inoltre ricco di composizioni in cui le assolute protagoniste sono le pesche, succosamente poste in primo piano; si cita l’esemplare del Museo del Louvre e altri numerosi esemplari conservati in collezioni private italiane. Anche la vasca di vetro ricolma di frutta è un topos ripreso più volte dal pittore romano.
A differenza del padre Giovanni Paolo, che predilige seguire il linguaggio più alla moda di Abrahm Brueghel e di Christian Berentz, il figlio guarda alla matrice più arcaica di Michelangelo Pace meglio conosciuto come Michelangelo del Campidoglio (1625 – 1669), conosciuto grazie allo studio di disegni e cartoni lasciati dallo zio Bartolomeo il Vecchio nella bottega di famiglia.
Lo Spadino ricorre quindi a modelli consolidati, rinunciando all’esuberante stile paterno: esprime meglio la sua attitudine realizzando dipinti di piccolo formato – più intimi e raccolti- con una mano raffinata e l’utilizzo di cromia uniforme e maggiormente delicata di quella del padre. Non dimentichiamo che i modelli di Campidoglio furono riportati in auge dal Maestro della Floridiana alias Carlo Manieri, che era ancora in vita all’inizio del Settecento.
La presente può essere collegata a una produzione più matura dove Bartolomeo abbandona le incertezze compositive per approdare verso un linguaggio più campidogliesco, lasciando prevalere i colori gialli. Egli realizza numerose tele (oggi conservate in varie collezioni private italiane) in cui le pesche sono protagoniste assolute dei dipinti, volta a volta affiancate da uva, pere, prugne, fichi. Lo sfondo risulta a volte scuro a volte rischiarato da una flebile luce mattutina, mentre il brano di frutta è poggiato su piani di roccia brulla; le composizioni sono dotate man mano di maggiore plasticismo che mostra una chiara matrice caravaggesca negli effetti luministici e naturalistici filtrati attraverso i modi gustosi del suo tempo.
L'oggetto è in buono stato di conservazione