XIX secolo, Manifattura Mollica, Piatto da parata con Venere e Bacco

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XIX Secolo, Manifattura Mollica Piatto da parata con Venere e Bacco Maiolica, cm diam. 50 Monogrammato GM   Il raffinato piatto di maiolica, della metà dell’Ottocento, fu prodotto nell’ambito della manifattura napoletana Mollica. Giovanni Mollica, il...
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XIX Secolo, Manifattura Mollica

Piatto da parata con Venere e Bacco

Maiolica, cm diam. 50

Monogrammato GM

 

Il raffinato piatto di maiolica, della metà dell’Ottocento, fu prodotto nell’ambito della manifattura napoletana Mollica. Giovanni Mollica, il fondatore, dopo un periodo di attività presso la Real Fabbrica Ferdinandea, inaugurò le fornaci della fabbrica “Ceramiche Mollica” nel 1842: presso la manifattura napoletana erano operativi anche i figli di Giovanni, Ciro, Alessandro e Achille, che, in breve tempo, condussero l’azienda familiare al successo. Già dagli anni Sessanta dell’Ottocento, la “Ceramiche mollica” risultava essere una delle manifatture partenopee maggiormente note nell’intera Penisola. 

Quando si parla di maiolica, si fa riferimento ad una produzione ceramica a rivestimento metallico opaco (smalto stannifero) più spesso bianco, talora variamente colorato, il quale, nelle varietà artistiche, serve di base all'ornato dipinto. La tecnica dell’invetriatura, alla base della realizzazione delle maioliche, nasce in ambito nordafricano tra la tarda antichità e l’alto Medioevo. Anche nella Palermo islamica, nella prima metà del X secolo, si produssero quelle che furono le più antiche maioliche in Italia. Nel XIII secolo in Italia si intensificò la produzione di un tipo di maiolica, diversa da quella islamica e più simile alla moderna terraglia, chiamata oggi maiolica arcaica, probabilmente giunta in Occidente da Alessandria d'Egitto, tramite le crociate e gli scambi commerciali con il mondo islamico. Si trattava di vasellame vario ricoperto da una semplice vernice bianca e opaca con ossido di stagno, la cosiddetta “ingobbiatura” (all'inizio solo su alcune porzioni del vaso), su cui veniva scalfito un disegno decorativo e venivano tracciati alcuni segni coi pochi colori disponibili, per lo più verde pallido, bruno e giallo. La brillante copertura vitrea era ottenuta con vernice piombifera. Nei secoli successivi, con il culmine nel XV secolo, dominò in tutta Europa la produzione ispano-moresca. Nei centri di Valencia, Granada, Barcellona e, in misura minore, in altre località dell'Andalusia e della Castiglia era stata messa a punto la tecnica dell'invetriatura con riflessi metallici, importata da Damasco e dal Cairo, a imitazione del vasellame in rame. La ceramica islamica era ampiamente diffusa nelle classi sociali più elevate dell'Italia dei secoli XII e XIII, e uno dei porti più attivi in tale traffico commerciale, quello di Maiorca, diede il nome a questi prodotti. L'elevato costo di tali manufatti stimolò la nascita di produzioni locali che, ispirandosi ai prodotti orientali, si orientarono essenzialmente verso due tecniche: quella a vernice piombifera e quella a smalto stannifero. La maiolica fiorì fino a tutto il XVII secolo; nei secoli successivi fu surclassata dalla porcellana, restando una produzione di minore portata, praticata per fini decorativi. Nell’Ottocento, molte botteghe del sud Italia si dedicano ancora a questa tecnica, dando vita ad oggetti artistici di grande livello, come il piatto in questione. 

Il decoro del piatto presenta la coppia composta da Bacco e Arianna in compagnia della dea dell’amore Venere e di un satiro: questo motivo iconografico risulta relativamente ricorrente già a partire dal Seicento, così come viene dimostrato da dipinto di Giacinto Gimignani del Ptuj Ormož Regional Museum (inv. G 52 s). La fascia pittorica della tesa, che risulta particolarmente delicata, è in stile neo-rinascimentale, con putti e grottesche. I temi mitologici erano particolarmente ricorrenti nella produzione di oggetti decorativi della manifattura Mollica e delle altre fabbriche italiane del secondo Ottocento, con particolare riferimento alla celebre manifattura toscana Cantagalli. 

 

 

 

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