Arienti Scena mitologica:" Ulisse in veste di mendicante sorprende i Proci".

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Autore: Carlo Arienti, (Arcore, 21 luglio 1801 – Bologna, 21 marzo 1873).   Scena mitologica: Ulisse in veste di mendicante sorprende i Proci. Dipinto a olio su tela cm 32 x 42, con cornice cm 43 x 53. Attribuito a Carlo Arienti (Arcore 1801-Bologna 1873). Il dipinto esibisce una qualità...
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Autore: Carlo Arienti, (Arcore, 21 luglio 1801 – Bologna, 21 marzo 1873).  

Scena mitologica: Ulisse in veste di mendicante sorprende i Proci.
Dipinto a olio su tela cm 32 x 42, con cornice cm 43 x 53.
Attribuito a Carlo Arienti (Arcore 1801-Bologna 1873).
Il dipinto esibisce una qualità sostenuta e una esecuzione rapida ma definita, aspetti che insieme alle dimensioni del supporto suggeriscono di trovarsi al cospetto di un bozzetto. Lo stile evoca subito la mano di un autore neoclassico riconoscibile in Carlo Arienti.

A Milano  si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Brera, dove segue i corsi del neoclassicista Luigi Sabatelli e dello scultore Camillo Pacetti e provvede al sostentamento della famiglia eseguendo disegni ed incisioni per privati; nel 1823 esordisce all'Esposizione con Temistocle che chiede ospitalità e l’anno seguente presenta Oreste che si palesa alla sorella Elettra.

L'artista fu allievo di Domenico Corvi e coltivò da subito lo studio dei classici dell'età rinascimentale e barocca senza trascurare gli esempi dall'antico. Sono infatti numerosi i disegni raffiguranti episodi di storia romana e con la sua arte il pittore si impone sulla scena artistica nazionale già nei primi anni dell'Ottocento, tanto da essere nominato Principe dell'Accademia di San Luca nel 1806. Altrettanto cospicuo è il catalogo dei bozzetti realizzati quale fase intermedia tra il disegno e il dipinto finale, modalità creativa usuale e qua espressa con la consueta severità di impianto e una narrazione accurata. Tornando all'opera in esame, è stata realizzata quale studio per il grande dipinto oggi disperso raffigurante Orazio Coclite, commissionato al pittore intorno al 1810 da Manuel Godoy, principe della Pace, consigliere del re Carlo IV e protetto dalla regina Maria Luisa, che era giunto a Roma al seguito del sovrano di Spagna dopo che questi era stato deposto dal trono. Di quest'opera conosciamo altresì il disegno (fig.1), che in origine era rilegato in un volume del fondo Camuccini per la maggior parte custodito presso il palazzo di Cantalupo in Sabina insieme a numerosi altri album dell'artista (matita e sfumino su cartoncino avorio quadrettato a matita, mm 545X800, De Angelis, 1978, p. 52). Le fonti ricordano negli inventori dell'artista un bozzetto di invenzione e una replica a bozzetto.

Bibliografia di riferimento:
U. Thieme, F. Becker, 'Künstlerlexikon', V, pp. 482C. Falconieri, 'Vita di Vincenzo Camuccini e pochi studi sulla pittura contemporanea', Roma 1875, ad vocem

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