Pittore neoclassico, Venere ferita da Cupido
Pittore neoclassico, 1810 ca.
Venere ferita da Cupido
Olio su tela, cm 34 x 25
Con cornice, cm 44 X 34,5
Venere ferita da Cupido è un soggetto iconografico molto diffuso in arte, che ha ispirato pittori, scultori e incisori per secoli. L’opera in esame, riferibile ad un artista neoclassico attivo nel primo decennio dell’Ottocento, recupera il modello iconografico del celebre affresco di Raffaello Venere ferita da Cupido, realizzato all’interno del progetto per la decorazione della Stufetta del Cardinal Bibbiena, a Roma, tra il 1514 e il 1516. L'opera raffigura la dea Venere seduta su un prato seminuda, coperta parzialmente da un leggero panneggio, affiancata da Cupido, qui posizionato sulla sinistra, illustrato come un giovane dai riccioli d’oro e dalle ali variopinte che la ferisce accidentalmente con la sua freccia. L’intera scena è ambientata in un paesaggio idilliaco, con alberi e fiori, ed è caratterizzata da una grande armonia compositiva e da un uso raffinato del colore.
La rappresentazione di Venere trafitta da una delle frecce di Cupido è il punto di partenza della storia d'amore di Venere e Adone, come raccontato nelle Metamorfosi di Ovidio. L’opera, infatti, è una complessa allegoria amorosa: Venere, dea dell'amore, è ferita dal proprio figlio, Cupido, suggerendo che l'amore può essere sia una fonte di piacere che di dolore. Essa potrebbe, inoltre, celare anche un significato più personale per Raffaello: l’artista era, infatti, innamorato di una donna di nome Maria Bibbiena, nipote del cardinale Bibbiena, patrona della Stufetta. Venere potrebbe, dunque, rappresentare Maria, e Cupido potrebbe essere alter ego dello stesso Raffaello, diventano una sorta di dichiarazione d’amore per la donna.
L’affresco venne ripreso più volte da grandi artisti e incisori, che spesso ne modificarono il paesaggio sullo sfondo, tramandandone il modello originale con qualche lieve modifica. Tra le numerose incisioni realizzate, degne di nota sono quelle di Agostino Veneziano (attivo tra 1509 – 1536) e Angelo Campanella (1746 – 1811), oggi conservate presso l’Hermitage a San Pietroburgo, che ne conserva anche un bozzetto eseguito dalla stessa bottega di Raffaello.
Nel dipinto in esame emergono tutte le caratteristiche della corrente Neoclassica, che ammirava la bellezza e l’armonia delle opere antiche, cercando di riprodurne gli ideali: il disegno è preciso e curato, le linee anatomiche sono dolci e dai contorni netti, per conferire solennità e monumentalità alle figure. La composizione, equilibrata e armoniosa, risulta simmetrica e calibrata nei giochi di luci e di ombre.
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