Dipinto orientalista di Sofia Grancini, "L' odalisca"
Sofia Grancini (186?-inizi XX), L’odalisca, XIX/XX secolo, olio su tela.
Firmato in basso a sinistra “Sofia Grancini”.
82x55 cm.
"L’ odalisca”, bel ritratto databile indicativamente verso gli ultimi anni ’90 dell’800, raffigura un’affascinante donna vestita in abiti orientali, non condivide nulla, se non il titolo, con le opere dal medesimo soggetto dei suoi colleghi uomini: la figura femminile non è semplicemente una modella vestita in abiti orientaleggianti, assorta nelle sue faccende, trattata dall’occhio superficiale come un semplice oggetto decorativo all’interno della tela.
La sua umanità è resa dallo sguardo sicuro e intenso, la posa naturale e disinvolta, come se volesse mostrare all’osservatore che non ha nulla da invidiare ad un uomo: è una donna vera, orgogliosa di esserlo e di esistere non per il piacere, visivo o sessuale che sia, maschile, ma per sé e nessun’altro; è una donna protagonista, totalmente sdoganata dal male gaze.
L’atteggiamento fiero della figura è accentuato dall’atto del fumare una sigaretta, un gesto probabilmente sconveniente per una dama dell’epoca; ella è ritratta proprio nell’attimo in cui, con nonchalance, lascia scivolare il fumo dalle carnose labbra a cuore.
Grancini dimostra grande conoscenza cromatica, la sua è una palette calda, argillosa ma estremamente elegante; l’artista riesce a rendere perfettamente la trama del tappeto orientale dello sfondo, mentre il divano in velluto ocra, dove mollemente è seduta la figura, risplende quasi d’oro.
La luce proveniente da destra definisce il volto dai tratti delicati della donna, smorzando la dolcezza del taglio degli occhi, socchiusi in una mandorla. Le vesti sono riprodotte in ogni minimo dettaglio, dal morbido turbante a strisce alla camicia in leggerissima e trasparente crêpe di seta, al gilet verde cromo, alla fascia da gitana avvolta attorno la vita.
I gioielli poi sono dipinti con altrettanta maestria: le perle riluccicano di un candore freddo, quasi lunare; così come il bracciale a schiava in argento, assieme agli altri gioielli che adornano la donna. La fibbia in metallo e smalti domina la scena con una carica possente, quasi un secondo punto di fuga; gli orecchini e il gioiello sulla fronte, probabilmente un maang tikka, un tipico ornamento femminile di tradizione indiana, il cui bagliore dorato è esaltato dal blu dei lapislazzuli e dal vermiglio delle perline in corallo.
BIOGRAFIA
Sofia Grancini è stata una pittrice milanese attiva nell’ultimo decennio del XIX secolo e ingiustamente dimenticata; il quadro qui presentato è un inedito che riuscirà sicuramente a togliere un’artista tanto talentuosa dall’oblio in cui è sfortunatamente finita.
Grancini non possedeva solo innate qualità pittoriche, ma anche un’ottima istruzione artistica, ottenuta presso l’Accademia di Brera, in anni in cui le donne allieve presso l’istituzione erano pochissime, addirittura meno di un quinto. È probabile che quindi la pittrice fosse in possesso di determinati mezzi per studiare pittura: alle spalle, una famiglia che sosteneva la sua vocazione, magari non senza un cospicuo patrimonio; Grancini potrebbe essere stata discendente di qualche nobile, allieva oppure figlia di un’artista minore che le ha permesso di esercitarsi durante l’infanzia e l’adolescenza nel suo studio. L’influenza artistica della scuola verista di Giuseppe Bertini è evidente nell’altra sua opera conosciuta, una natura morta a soggetto devozionale attualmente conservata ai Musei Civici di Macerata probabilmente antecedente all’opera qui presentata.