Carlo Portelli (Loro Ciuffenna, anni 1510 – Firenze, 15 ottobre 1574) (da Andrea del sarto)

San Sebastiano

Olio su tavola, cm 90 x 70

San Sebastiano, patrono di arcieri, militari e sofferenti, negli scritti di Sant'Ambrogio nacque a Milano nel 256 circa da padre originario di Narbona, e morì martire a Roma il 20 di gennaio del 304 circa. Nel 270 egli si trasferì a Roma dove, divenuto tribuno della guardia imperiale, utilizzò il suo rango per aiutare i molti cristiani in carcere e per convertire militari e nobili. Scoperto, fu condannato a morte, legato ad un palo e trafitto da frecce. I soldati, credendolo morto, lo abbandonarono. Fortunatamente fu salvato dalla matrona Irene che lo portò nella sua casa per poterlo curare.

Ma una volta guarito Sebastiano, piuttosto che allontanarsi da Roma e mettersi in salvo, proclamò la sua fede al cospetto dell'imperatore. Fu così sottoposto ad un secondo martirio e gettato nella cloaca maxima, da dove fu in seguito recuperato e degnamente sepolto lungo la via Appia Antica, nel luogo dove sorgono le catacombe di San Sebastiano.

Il dipinto rappresenta una derivazione su tavola di una tela di Andrea dal Sarto (Firenze, 1486-1530), che si inserisce in un complesso dibattito attorno a quella che è considerata l'ultima opera dell'artista, eseguita prima della sua morte avvenuta durante la peste del 1530.

Vasari la descrisse così "San Sebastiano... fatto da Andrea con grandissima arte, sforzandosi la natura et egli quasi indovinando che quest'opere avessino a essere l'ultime pennellate ch'egli avesse a dare...".

Infatti, l’originale fu realizzato dal pittore per la Confraternita di san Sebastiano (detta anche del Freccione) di cui entrò a far parte nel 1529. Il dipinto rimase nelle mani della compagnia fino al 1707 anche se non più situata sull’altare della confraternita bensì nelle disponibilità di un tal Filippo De Marchi, contro il quale la stessa Compagnia avviò una procedura legale per riprendere possesso del quadro. Passò poi nelle collezioni granducali e in seguito se ne persero le tracce. Dell'opera erano state certamente eseguite diverse versioni autografe - come testimoniano il San Sebastiano di collezione privata romana e quello recuperato da un traffico illegale a Varese nel 2011. Di grande valore anche l’esemplare de Museo degli Innocenti, di pittore fiorentino della seconda metà del XVI secolo. Un’altra versione fu esposta nel Palazzo Comunale nel 1900 come Pontormo, ma la caratterizzazione nervosa della testa ha fatto poi propendere l’attribuzione a Carlo Portelli. E l’interpretazione personale che ne fa l’autore della presente, filtrata dagli influssi di Rosso Fiorentino e degli eccentrici fiorentini induce a pensare che anche la nostra possa essere di mano di un pittore molto vicino al Portelli se non addirittura di Portelli stesso. 

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