Francesco Aviani (Venezia, 25-11-1662 / 1715), Coppia di dipinti raffiguranti Capricci Architettonici, olio su tela

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Francesco Aviani (Venezia, 25-11-1662 / 1715) att. Coppia di dipinti raffiguranti  Capricci Architettonici Olio su tela, cm 135 x 183 senza cornice; cm 144 x 192 con cornice prezzo: contattare telefonicamente Expertise a cura di Carlotta Venegoni nel link cliccabile a fondo...
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Francesco Aviani (Venezia, 25-11-1662 / 1715) att.

Coppia di dipinti raffiguranti Capricci Architettonici

Olio su tela, cm 135 x 183 senza cornice; cm 144 x 192 con cornice

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Expertise a cura di Carlotta Venegoni nel link cliccabile a fondo pagina.

oggetto corredato da certificato di autenticità 

Le due grandi e pregevoli tele raffigurano due capricci architettonici, con scorci di colonnati ed edifici ad arcate, animati da figure. Le composizioni si caratterizzano per l’armonia con cui il pittore introduce i fastosi monumenti architettonici, gli specchi d’acqua, gli edifici in lontananza e gli scorci di paesaggio. Domina una cromia giocata sui toni di marroni e ocra che si staglia sul cielo azzurro, segnato da qualche nuvola di vapore. Anche l’inserimento delle figure per vivacizzare le vedute architettoniche si pone in equilibrio con l’insieme. Il capriccio architettonico, genere artistico che si fa strada nella pittura italiana a partire dal XVII secolo, è caratterizzato dalla raffigurazione di architetture fantastiche o invenzioni di tipo prospettico, talvolta combinate con elementi tratti liberamente dalla realtà. Le due tele sono un esplicativo esempio di questa tipologia e presentano un notevole interesse artistico. La notevole qualità pittorica emerge sia dalla composizione d’insieme che dal modo in cui l’artista descrive le vedute con grande attenzione ai dettagli, alle lumeggiature e al ricercato, perfettamente realistico, chiaroscuro.

Altrettanto si deve riconoscere per le figure: queste sono descritte con una sapiente pennellata, tocchi veloci e rapidi restituiscono il dinamismo dell’attimo che viene colto, come se il tempo si fosse fermato per mostrare e narrare quanto sta avvenendo. Il dipinto di destra raffigura un grande edificio barocco in pietra e lastronato con marmi, a due piani, con facciata mossa, grandi colonnati con colonne corinzie, un grande portale con una scalinata a ampie pedate, una balaustra marcapiano, dalla quale si affacciano alcune figure, e due monumenti equestri in bronzo. Il fastoso edificio affaccia su una grande vasca d’acqua, con una fontana zampillante, attorno alla quale siedono alcuni personaggi. In secondo piano è descritto un palazzo bianco dal quale si innalza una torre coronata da una struttura a loggia in ferro battuto. Ancora oltre si vede un ponte e alcune rovine architettoniche dietro alle quali sfumano verso l’orizzonte alcuni rilievi montuosi. Sulla scalinata è descritta una scena particolare. I personaggi, abbigliati secondo la moda, sembrerebbero far parte di un racconto ben preciso. Una donna, all’ombra di un parasole sorretto da un servo, parrebbe cacciare fuori dal palazzo un uomo, il quale, preso sotto braccio da due fanciulle con piglio determinato, è condotto verso un’imbarcazione. 

La scena potrebbe essere indentificata con l’episodio biblico della parabola del Figliol prodigo (Vangelo secondo Luca 15,11-32), nel momento in cui il figliol prodigo viene derubato e cacciato dalle meretrici.

L’episodio racconta di un uomo con due figli. «Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze con prostitute e vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno». Ridotto alla fame, per sopravvivere fu costretto a fare il mandriano di porci. Meditò pertanto in cuor suo di andare da suo padre e domandargli perdono e di essere nuovamente accolto, anche come servo. Mentre è ancora per strada, tuttavia, il padre lo vide e gli corse incontro, ricevendolo a braccia aperte. Ordinò poi ai suoi servi di preparare una grande festa per l'occasione, uccidendo allo scopo il "vitello grasso". Il primogenito non capì perché al fratello fosse riservato un simile trattamento, e ricordò al genitore che lui, che gli aveva sempre obbedito, non aveva mai ricevuto nemmeno un capretto per far festa con gli amici. Il padre gli rispose: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». La parabola del figliol prodigo fu più volte raffigurata in pittura e la scena che si ritrova maggiormente è senz’altro quella del ritorno a casa tra le braccia del padre. Tra le tante si propone una tela del celebre pittore Giovanni Paolo Pannini (o Panini) (Piacenza, 17 giugno 1691 – Roma, 21 ottobre 1765) conservata alla Hallsborough Gallery di Londra. Abbastanza rara, invece, è la scena del figliol prodigo cacciato e derubato dalle meretrici. Si conosce un’incisione di Hans Collaert II (1561- 1620) in cui questo momento è descritto in secondo piano rispetto al momento, narrativamente posteriore, in cui è penitente tra i porci.

Il secondo dipinto, certamente pendant del primo, raffigura un palazzo simile, con alcuni personaggi affacciati sulla balaustra marcapiano e altre figure attorno alla grande vasca quadrilobata. In primo piano è descritto un monumento con due grandi sculture in pietra. In lontananza alcuni elementi architettonici e, oltre, le montagne si perdono all’orizzonte.

Gli studi relativi ai numerosi pittori di vedute e capricci architettonici, attivi in Italia, e i documenti archivistici ritrovati, che potrebbero meglio chiarire committenze, biografie e opere certe, sono scarsi e sporadici. Pertanto si incorrono ancora molte difficoltà nella ricostruzione di un catalogo di opere autografe per ogni autore. Attraverso dipinti presenti in collezioni private, in musei e quadri passati sul mercato antiquario è tuttavia possibile avanzare delle attribuzioni al fine di delineare al meglio le varie figure artistiche. Lo stile delle opere qui oggetto di studio conduce a una datazione che scorre tra il XVII e il XVIII secolo, con evidenti influenze dettate dalle prospettive dei fratelli Galli Bibiena. L'analisi delle architetture e della tavolozza cromatica suggerisce di trovarci al cospetto di un autore nord italiano e di area veneta. Osservando le decorazioni e le volute, la luminosità e la disposizione prospettica infatti, riscontriamo diverse analogie con quelle utilizzate dal pittore vicentino Francesco Aviani, eccellente nella prospettiva pittorica e nelle vedute architettoniche. 

Il profilo biografico di Francesco Aviani (Vicenza, 1662-1715) è stato essenzialmente tracciato nel 1956 da Andreina Ballarin, poi reindagato da Federica Spadotto nel 2014 e da Giancarlo Sestieri nel 2015. I documenti certi sulla sua vita sono scarsi, come altrettanto le opere documentate. Nasce a Venezia, molto probabilmente il 25 novembre 1662, da Bernardo e da una Maddalena di cui non si conosce il cognome, ed è battezzato il 3 dicembre 1662. Tra il 1701 e il 1703 lavora, insieme al fratello Marco, scultore, per la decorazione ad affresco (oggi illeggibile) della villa Chiericati a Soella (Vicenza). Il 16 ottobre 1703 sposa Isabella Carcano. Il 26 marzo 1715 fa testamento e muore il 3 aprile dello stesso anno, a Vicenza. Sono considerate opere autentiche dell’Aviani gli affreschi nel refettorio del santuario di Monte Berico a Vicenza, eseguiti probabilmente nel 1708; le tele conservate nel Museo civico di Vicenza: Paesaggio con Lazzaro e il ricco EpuloneCristo fra i dottoriLa pesca miracolosa, opere non databili ma con attribuzione avvalorata dallo stile. Inoltre, gli affreschi nei corridoi est ed ovest della villa La Rotonda, presso Vicenza; l’affresco nel catino absidale della cappella della Beata Vergine dell'Aiuto nella chiesa di S. Croce, Vicenza, ora distrutto; gli affreschi della sala centrale di villa Camerini a Montruglio (1714) e una tela raffigurante un Porto Regio, perduto, di cui abbiamo una stampa incisa da Dall'Acqua. Dalle sue opere emerge il retroterra artistico che animava la cultura veneta nel primo Settecento. La grandiosità scenografica con cui Aviani tratta le architetture lascia inoltre supporre un soggiorno emiliano del pittore, nel quale avrebbe potuto entrare in contatto con l’ambiente dei Bibiena. Questi contatti sarebbero confermati dalla stampa di Cristoforo Dall’Acqua (Vicenza 1734-1787), Il porto regio, tratto da un dipinto dell’Aviani. La stampa faceva parte di un gruppo di incisioni, rappresentanti edifici reali, che riproducevano dipinti dei Bibiena. Agli occhi del Dall’Acqua, pertanto, il lavoro di Aviani non risultava estraneo in mezzo a quelli degli emiliani. All’interno dei fastosi capricci architettonici, Aviani spesso raffigura scene bibliche, in cui i personaggi condividono lo spazio e il ritmo narrativo, insieme a figure tratte da scene di vita quotidiana, memori dell’eredità veronesiana e bassanesca. Anche nelle opere oggetto di questo studio l’autore sembra non voler rinunciare a un soggetto biblico, benchè la finalità dei dipinti appare essere chiaramente una messinscena scenografico-architettonica entro la quale i personaggi sono relegati al ruolo di comparse.

Dall’esame dei capricci architettonici riuniti sotto al nome di Aviani emergono quindi elementi comuni. Il confronto tra queste opere e le opere in oggetto evidenzia le vicinanze delle composizioni. Le imponenti e scenografiche architetture, di veronesiama memoria, sono infatti altrettanto caratterizzate dall’abilità prospettico-scenografica diffusa nel quadraturismo emiliano e di ispirazione bibianesca. Si possono osservare infatti le spettacolari architetture slanciate nella parte inferiore, le logge che creano giochi chiaroscurali con gli archi e le colonne binate poste su massicci basamenti e sovrastate da aggettanti cornicioni. Significativo anche il confronto con due tele con capricci architettonici in una visione notturna attribuite a Francesco Aviani. 

Nelle opere di Aviani è possibile riscontrare una certa cognizione del filone codazziano romano della seconda metà del Seicento e dei suoi primi sviluppo settecenteschi, sviluppati con il Locatelli, il Pannini e il meno noto Domenico Roberti. A Roberti sono state recentemente attribuite due opere che presentano alcune affinità compositive con le tele in oggetto. Altrettanto si può avanzare per un’opera, presente sul mercato antiquario, attribuita a Pietro Francesco Garola da Giancarlo Sestieri.

Queste considerazioni sono indicative del gusto diffuso in Italia per questo tipo di soggetti e, altrettanto, delle difficoltà attributive che insorgono a causa della scarsità di documenti certi sul percorso artistico di questi artisti che, seppur per molto tempo posti in ombra, oggi sono tornati ad essere molto apprezzati e rivalutati dalla cristica e dai grandi collezionisti.

Carlotta Venegoni

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