Paesaggio con il mito di Mercurio (dalle Metamorfosi di Ovidio), Johann Heinrich Roos (1631 - 1685)

AA-396718
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Johann Heinrich Roos (Otterberg 1631 - Francoforte 1685) Paesaggio con il mito di Mercurio e Batto (dalle Metamorfosi di Ovidio)   Olio su tela, 101 x 159 cm. (in cornice 115 x 174 cm.)   I dettagli completi di questo dipinto possono essere visionati direttamente al seguente...
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Johann Heinrich Roos (Otterberg 1631 - Francoforte 1685)
Paesaggio con il mito di Mercurio e Batto (dalle Metamorfosi di Ovidio)
 
Olio su tela, 101 x 159 cm. (in cornice 115 x 174 cm.)
 
I dettagli completi di questo dipinto possono essere visionati direttamente al seguente indirizzo - link -
 
L’opera rappresenta l’episodio mitologico, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio (Ovidio, Metamorfosi, II, 676-707), e precisamente quando il dio Mercurio, approfittando di un momento in cui Apollo lascia sola la sua mandria, gli ruba alcune giovenche e le nasconde poi in un anfratto.
 
Unico testimone del furto è il vecchio Batto, un pastore incaricato di custodire i cavalli di razza del ricco Neleo, re di Pilo e che, in cambio di una giovenca, garantisce al Dio di non fare la spia, giurandogli che rimarrà muto come una pietra.
 
Diffidando da subito delle sue parole Mercurio decide di mettere alla prova la sua onestà: gli si ripresenta davanti con un altro aspetto, chiedendogli se avesse visto passare di lì una mandria, ed offrendogli in cambio di questa informazione un toro e una giovenca. Batto, che si fa subito tentare da questa nuova e più conveniente offerta, indica senza esitazione dove erano nascosti gli animali.
 
Come Ovidio ben illustra nel suo poema ‘le Metamorfosi’, chi tradisce la fiducia o la benevolenza di un Dio è costretto ad un amaro destino, e così Batto viene trasformato da Mercurio proprio in una pietra, rimanendo per l’eternità muto proprio come aveva promesso.
La scena rappresenta il momento in cui Mercurio sta offrendo a Batto una giovenca, che indica con la mano, in cambio della sua lealtà. La divinità è perfettamente riconoscibile per via dei dei suoi attributi classici, l’elmo ed i calzari alati e soprattutto il caduceo, il bastone alato con due serpenti attorcigliati, che userà per trasformare il pastore in un sasso.
 
Le peculiarità figurative ed espositive di questo pregevole dipinto a soggetto mitologico ne riconducono la paternità a Johann Heinrich Roos (Otterberg 1631 - Francoforte 1685), capostipite di una prolifica ed illustre dinastia di pittori.
 
Un valente ‘animalista’ che aveva trascorso quattro anni in Italia, dal 1650 al 1654, apprezzando le opere degli specialisti italiani, quali il Castiglione e lo Scorza, ed assimilando proficuamente dai paesaggisti italianizzanti, in particolare Peter Mulier detto il Tempesta. Ciò nonostante Roos rimase legato alla sua originale cifra stilistica nordico-olandese, che egli impiegava nella raffigurazione dei vari animali con un’impronta più realistica del figlio Philipp Peter, portato spesso a un’eccessiva enfatizzazione degli animali raffigurati.
 
I cavalli sulla sinistra della composizione, che giocano un ruolo predominante in quanto inseriti in primo piano, denotano una raffigurazione specifica ed accurata, segno indistinguibile della mano del Roos. L’inventiva generale riflette anche la chiara ispirazione al paesaggio laziale, con dietro lo scorcio di un borgo, posto alla base del colle sulla destra, alle spalle della parete rocciosa.
 

INFORMAZIONI SUPPLEMENTARI:

Il dipinto viene venduto completo di una piacevole cornice, corredato di certificato di autenticità e scheda iconografica descrittiva.
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