XVII secolo, Bottega di Francesco Albani, Giunone chiede a Eolo di liberare i venti

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XVII secolo, Bottega di Francesco Albani Giunone chiede a Eolo di liberare i venti Olio su tela, 55 x 74 Con cornice, cm 70 x 90 La tela in esame, riferibile alla scuola bolognese del XVII secolo, per caratteri stilistici e iconografici è attribuibile alla mano di un seguace del...
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XVII secolo, Bottega di Francesco Albani

Giunone chiede a Eolo di liberare i venti

Olio su tela, 55 x 74

Con cornice, cm 70 x 90

La tela in esame, riferibile alla scuola bolognese del XVII secolo, per caratteri stilistici e iconografici è attribuibile alla mano di un seguace del pittore Francesco Albani (Bologna, 1578 – 1660), tra i più importanti esponenti del classicismo barocco, che ha sicuramente modo di lavorare con il maestro bolognese e di studiarne i modelli. 

All'età di dodici anni Albani entrò nella bottega del pittore fiammingo manierista Denijs Calvaert, da tempo attivo a Bologna, nella quale ha per compagni di apprendistato il Domenichino e Guido Reni. Intorno al 1590 il nuovo stile naturalistico dei Carracci soppiantò il tardo manierismo prevalente praticato dalla vecchia generazione di pittori bolognesi, portando l’Albani a trasferirsi presso l’Accademia degli Incamminati, dove vi rimarrà per circa quattro anni. Nel 1598 il pittore iniziò a ricevere le sue prime commesse pubbliche, grazie alle quali ha modo di cimentarsi con il genere mitologico realizzando i fregi per le Storie tratte dall’Eneide a Palazzo Fava. Nell'ottobre del 1601 l'artista è a Roma, proprio nei mesi in cui furono svelati gli affreschi della Galleria Farnese, e iniziò una proficua collaborazione con Annibale Carracci: assieme a lui realizzò gli affreschi per le Storie di San Diego nella Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli e le Lunette Aldobrandini per l’omonimo palazzo.

Qui l’artista decide di raffigurare un episodio tratto dall'Eneide di Virgilio (libro I): Giunone si rivolge a Eolo, padrone dei venti, chiedendogli di scatenare una tempesta che si abbatta sulla flotta di Enea, per impedirgli di continuare il suo viaggio verso l'Italia. In cambio, la dea offre a Eolo in sposa la ninfa Deiopea. Eolo tuttavia afferma che, al di là dei doni di Giunone, ritiene comunque suo dovere eseguire l'ordine ricevuto, così libera i venti, che si abbattono sulla flotta. Questa viene gravemente danneggiata, ma interviene Nettuno, dio dei mari, a placare le acque, così la flotta può riparare in Libia. Nella la dea Giunone viene rappresentata trasportata da una nuvola, colta nella sua discesa dal regno celeste, accompagnata da una coppia di pavoni, suo attributo nonché animale sacro, e da una schiera di putti. Ai suoi piedi vi è un arco, probabilmente simbolo di Iride, suo messaggero. 

La Dea volge lo sguardo verso Eolo, dio del vento e gli ordina di scatenare i venti contro le vele dei troiani. Eolo si appresta ad aprire una porta in legno liberando i venti impersonificati da tre putti.

L’opera trae ispirazione da alcune composizioni di Francesco Albani (1578-1660). Esiste, infatti, proprio una versione su rame di Giunone ed Eolo, realizzata dall’Albani con il contributo della sua bottega, oggi in Palazzo Rosso a Genova.

Nella sua vasta produzione si vedano, per esempio, le quattro raffigurazioni degli elementi e in particolare dell’aria (oggi presso la galleria Sabauda di Torino), realizzati per il cardinal Maurizio di Savoia nel 1633, in cui la nostra Giunone riprende la personificazione dell’aria mentre il nostro Eolo riprende il medesimo soggetto dell’Albani, mimando il gesto dell’aprire la porta lasciando agire i puttini/venti. Anche le ambientazioni sono somiglianti: Eolo è, infatti, sdraiato sul medesimo sperone roccioso lambito dalle acque marine, e le figure femminili sono entrambe trasportate da nubi che si aprono sul cielo azzurro. 

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