Ambito di Prospero Fontana (Bologna, 1512 – Bologna, 1597), Sacra famiglia con San Giovannino
Ambito di Prospero Fontana (Bologna, 1512 – Bologna, 1597)
Sacra famiglia con San Giovannino
Olio su tela, 44,5x34 cm
Con cornice, cm 61 x 47
Prospero Fontana Nacque a Bologna nel 1512: dopo un prolungato “praticantato” come assistente di vari pittori manieristi, primo tra tutti Perin del Vaga, con cui collaborò a Genova per la realizzazione del magistrale ciclo di affreschi di palazzo Doria, Fontana aprì a Bologna una scuola che ebbe un ruolo notevole nella maturazione della pittura emiliana nella seconda metà del XVI secolo. Fontana fu un eccellente ritrattista (abilità che trasmise alla figlia Lavinia, anch’ella pittrice di successo) e come tale fu presentato da Michelangelo a Giulio III, divenendo uno dei pittori preferiti del pontefice, che, così come ricorda l’abate Lanzi, «lo stipendiò fra' pittor palatini». Per Giulio III a Roma, Fontana non fu attivo unicamente come ritrattista: egli sovrintese alla decorazione del Belvedere in Vaticano, lavorò in Castel Sant'Angelo, decorò Villa Giulia assieme a Taddeo Zuccari e a Pietro Venale, e affrescò il loggiato di Palazzo Firenze in Campo Marzio (allora appartenente al fratello del papa). Verso il 1560 si recò in Francia: l’artista risulta essere infatti uno dei vari pittori manieristi coinvolti dal Primaticcio in quella che risulterà essere la fondazione della Scuola di Fontainebleau, un'esperienza che anche per Fontana risultò assai formativa. Il soggiorno francese, tuttavia, fu breve, perché Fontana, gravemente ammalato, dovette essere rimpatriato in tutta fretta (non riuscendo neppure a guadagnarsi l'anticipo ricevuto che Primaticcio poi gli condonò).
Sempre verso il 1560 Fontana venne incaricato dal cardinale Tiberio Crispo per le decorazioni del suo palazzo nella città di Bolsena, oggi Palazzo del Drago. Poco dopo Fontana accompagna il Vasari (con cui aveva già collaborato a Rimini) a Firenze, dove lo coadiuva, insieme a Livio Agresti, nell'affrescare Palazzo Vecchio (1563-1565), e dove viene ammesso nell'Accademia Fiorentina del Disegno. Rientrato nel 1570 a Bologna, ripartì l'anno successivo per Città di Castello, dove aveva ottenuto l'incarico di decorare Palazzo Vitelli a Sant'Egidio. L'opera lo impegnò, con aiuti, dal 1572 al 1574, ma la sua parte centrale, le 22 scene delle Storie dei fatti dei Vitelli nel Salone, è spesso citata per la rapidità con cui venne eseguita: pare infatti che il progetto, seppur assolutamente sfarzoso, sia stato portato a termine in alcune settimane. Da Città di Castello Fontana ritornò definitivamente a Bologna dove, comunque, aveva continuamente operato negli intervalli tra i vari viaggi. Nel 1550 vi aveva affrescato la Palazzina della Viola con un ciclo di scene della Vita di Costantino, nel 1551 Palazzo Bocchi, tra il 1550 e il 1556 Palazzo Poggi; nel 1560 aveva dipinto la Disputa di Santa Caterina per il santuario della Madonna del Baraccano, opera particolarmente apprezzata dall’amico Giorgio Vasari, che la loda per la sua perizia tecnica nelle Vite; tra il 1566 e il 1568 aveva decorato a fresco la cappella Pepoli in San Domenico e nel 1570 aveva partecipato alla decorazione della nuova abside nella Chiesa di San Pietro. Fontana continuò a dipingere sino agli anni ’90 del ‘500, nonostante nella parte finale della sua vita subì fortemente la concorrenza della neonata bottega dei cugini Carracci, attivi nel medesimo periodo.
Questo bel dipinto della bottega del pittore bolognese presenta vari rimandi al lavoro del maestro: così come nelle opere mobili della produzione di Fontana, anche in questo caso si denota la fusione di influenze romane, toscane ed emiliane: ciò è dovuto ai numerosissimi viaggi del maestro nella Penisola e ai suoi strettissimi rapporti di amicizia con personaggi quali Giorgio Vasari e Michelangelo. Il tema della Sacra Famiglia con San Giovannino è spesso ripercorso da Fontana nelle sue opere, come si può denotare per quanto concerne la Sacra Famiglia con i santi Elisabetta e Giovannino dei musei civici di Vicenza – descritta da Mauro Lucco in questi termini: “un’immagine di serenità, cui aggiunge fascino la primaverile, cantabile lucentezza dei colori a stacco, a volte cangianti, certo di origine vasariana, ma non immemori, ancora una volta, nell’attento stemperare zone chiare su zone più scure, di quel che era stato, ed era, uno dei segreti della pittura veneta” – o la Sacra Famiglia con San Giovannino e San Francesco dei musei civici di Forlì. Del dipinto spicca l’atmosfera domestica e pacifica ed il senso di dolce coesione che mostra come l’allievo sia stato in grado di interpretare brillantemente e fare proprie soluzioni escogitate dal suo ideale maestro.