San Girolamo ode la tromba del giudizio, scuola napoletana XVII secolo
Scuola napoletana
San Girolamo ode la tromba del giudizio
Misure: cornice cm L 80 x H 103 x P 5, telaio cm L 64 x H 87
Prezzo: trattativa riservata
Oggetto corredato da certificato di autenticità
Il pregevole dipinto, realizzato ad olio su tela, raffigura San Girolamo che ode la tromba dell’angelo del Giudizio finale. L’iconografia tradizionale con cui san Girolamo è rappresentato è qui confermata dai consueti simboli della sua meditazione: con la mano destra sorregge un teschio, mentre in primo piano si scorge un libro rilegato con una copertina di pelle. Il santo inoltre è solitamente descritto come eremita, seminudo, coperto da un manto rosso, canuto e con lunga barba bianca. Esistono alcune iconografie di San Girolamo legate ad episodi della sua vita. Tra queste, molto diffusa è la raffigurazione del santo nel deserto, in meditazione o intento a studiare.
Il libro è uno degli attributi iconografici ed allude ai numerosi scritti esegetici e alla Vulgata di Girolamo. Il teschio è simbolo della Vanitas, ovvero della caducità della vita umana e meditazione sulla morte. Il manto rosso cardinalizio è un elemento di riconoscimento secondo l’errata interpretazione, diffusa nel Medioevo e ripresa nella Legenda Aurea, che lo credeva cardinale: Girolamo, per essere segretario del papa Damaso, avrebbe dovuto essere cardinale e così comparve, nella sua iconografia, l’abito cardinalizio, o un richiamo ad esso, e talvolta il cappello rosso.
Il dipinto oggetto di questo studio raffigura un momento preciso della vita del santo, ovvero quando Girolamo, ritiratosi in meditazione nel deserto, racconta di aver udito l’annuncio del Giudizio Universale sentendo un angelo suonare una tromba. In altro a destra, infatti, è possibile scorgere la campana dell’angelico strumento musicale e, contestualmente, il santo figura compiere una torsione, alzando la mano sinistra verso l’alto. La tromba con cui l’angelo dell’Apocalisse annuncia il Giudizio conduce il santo verso una riflessione sulla morte e sul momento di ricongiunzione con Dio.
San Girolamo, al secolo Sofronio Eusebio Girolamo (Stridone ca. 347 - Betlemme, 420), dichiarato Dottore della Chiesa da Pio V nel 1576, nacque in Dalmazia, nell’odierna Croazia, e fu un uomo di grande cultura letteraria. Compì a Roma gli studi di grammatica e retorica e qui fu battezzato. Si recò ad Antiochia e abbracciò la vita ascetica vivendo da eremita nel deserto di Calcide, a sud di Aleppo (cfr Ep. 14,10), per dedicarsi agli studi di esegesi biblica e della lingua greca ed ebraica. Divenuto sacerdote a patto di conservare la propria indipendenza come monaco, iniziò un'intensa attività letteraria. Nel 382 si trasferì a Roma; divenne segretario e consigliere di Papa Damaso, il quale lo incoraggiò per la sua preparazione letteraria e la vasta erudizione, a intraprendere una nuova traduzione latina dei testi biblici. Sulla base dei testi originali in greco e in ebraico Girolamo attuò la traduzione in latino dei quattro Vangeli, poi del Salterio e di gran parte dei testi protocanonici dell’Antico Testamento. La sua opera costituisce la cosiddetta "Vulgata", testo canonico della Chiesa latina, riconosciuto dal Concilio di Trento. Dopo la morte di Papa Damaso, Girolamo lasciò Roma nel 385 e intraprese un pellegrinaggio, dapprima in Terra Santa, poi in Egitto e nel 386 si fermò a Betlemme dove restò fino alla morte. Continuò a svolgere un’intensa attività: fece costruire monasteri e ospizi e protrasse l’insegnamento della cultura classica e cristiana. È patrono di studiosi, archeologi, bibliotecari, studenti e traduttori; il martirologio romano lo ricorda il 30 settembre.
Stilisticamente il dipinto dev’essere ricondotto all’area napoletana, opera di un pittore attivo nel XVII secolo. Sono attualmente in corso studi storico artistici.