Pittore romano del XIX secolo, Natura morta con putti, festoni di fiori e erma con fauno, dipinto olio su tela

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Pittore romano del XIX secolo Natura morta con putti, festoni di fiori e erma con fauno Olio su tela, cm H 78 x L 95 senza cornice, cm H 122,00 x L 106 x P 8 con cornice cornice ottagonale coeva. oggetto corredato da certificato di autenticità e di expertise (allegato a fondo...
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Pittore romano del XIX secolo

Natura morta con putti, festoni di fiori e erma con fauno

Olio su tela, cm H 78 x L 95 senza cornice, cm H 122,00 x L 106 x P 8 con cornice

cornice ottagonale coeva.

oggetto corredato da certificato di autenticità e di expertise (allegato a fondo pagina)

L’opera, dipinta ad olio su tela, di forma ottagonale, raffigura una natura con tre putti o amorini che giocano con festoni di fiori in un ambiente boscoso in cui è collocata un’erma con fauno e, sulla sinistra, un grande vaso neoclassico in marmo, ornato da bucrani con festoni e una grande composizione floreale. L’artista utilizza una tavolozza cromatica accesa nella quale sono ben bilanciati i gialli, i rossi e i blu con cui vivacizza le ghirlande fiorite.

L'erma deriva da una delle prime forme arcaiche di rappresentazione delle dimore di una divinità che qui va identificata con il fauno, figura della mitologia romana, divinità della natura, della campagna, dei greggi e dei boschi. Era un dio potente e selvaggio, raffigurato con gambe e corna caprine, zampe irsute e zoccoli, mentre il busto è umano, il volto barbuto e dall'espressione maliziosa. Vagava per i boschi, spesso per inseguire le ninfe, mentre suonava e danzava. Si tratta di una delle più antiche divinità italiche, che deriva dal dio Pan della mitologia greca. Pan era una divinità non olimpica, dall'aspetto di un satiro, legata alle selve e alla natura. Era il dio pastore, il dio della campagna e dei pascoli. In alcuni miti è descritto come il dio più antico degli Olimpi: aveva bevuto con Zeus il latte da Amaltea, allevato i cani di Artemide e insegnato l'arte divinatoria ad Apollo.

Il dipinto risale al XIX, opera di autore di area romana. La tela è vicina a simili composizioni, con fiori e putti, che si affermarono dalla metà del XVII secolo in Roma per trovare larga diffusione per tutta la prima metà del XVIII secolo, in piena epoca Barocca. Sono numerosi gli autori che proposero questo genere di raffigurazione, dove putti e amorini paffuti giocano e sorreggono prospere ghirlande e composizioni di fiori e frutta. Altrettanto, si trova sovente affiancata l’erma con fauno, o con altre divinità, e figure mitologiche attorno alle quali scherzano gli amorini. 

Il dipinto risale al XIX, opera di autore di area romana.

La tela è vicina a simili composizioni, con fiori e putti, che si affermarono dalla metà del XVII secolo in Roma per trovare larga diffusione per tutta la prima metà del XVIII secolo, in piena epoca Barocca.

Sono numerosi gli autori che proposero questo genere di raffigurazione, dove putti e amorini paffuti giocano e sorreggono prospere ghirlande e composizioni di fiori e frutta. Altrettanto, si trova sovente affiancata l’erma con fauno, o con altre divinità, e figure mitologiche attorno alle quali scherzano gli amorini.

Abbastanza comune, come dimostrano le opere qui proposte a confronto, è la pittura eseguita a quattro mani: i putti e le figure sono realizzate da un artista, mentre un altro si occupa della raffigurazione dei fiori e delle nature morte. Un esempio è quello di Mario de' Fiori, pseudonimo di Mario Nuzzi (Penna San Giovanni, 19 gennaio 1603 – Roma, 14 novembre 1673), che deve il suo soprannome proprio alle sue celebri composizioni di fiori, genere di cui fu grande specialista. Mario de’ Fiori collaborò con eminenti pittori barocchi attivi a Roma, quali Filippo Lauri (Roma 1623 – 1694) o Bernardino Mei (Siena, ottobre 1612 – Roma, 1676). Celebri sono le quattro tele di Palazzo Chigi con le Stagioni che vedono la collaborazione di Mario de’ Fiori con Lauri, con Mei e con Carlo Maratta (Camerano, 15 maggio 1625 – Roma, 15 dicembre 1713). Carlo Maratta (Camerano 1625 – Roma 1713) fu una figura centrale della pittura romana ed italiana della seconda metà del Seicento; durante la vita fu celebrato come il massimo pittore del suo tempo, improntando anche gran parte della produzione artistica del secolo successivo. Egli collaborò sovente con alcune importanti botteghe completando le loro composizioni floreali. Tra queste, oltre a quella del già citato Mario Nuzzi, sono da segnalare quelle di Giovanni e Niccolò Stanchi e quella di Franz Werner von Tamm (1658–1724), pittore attivo a Roma tra il 1685 e il 1695. Tra i massimi esempi sono le magnifiche specchiere, commissionate da Lorenzo Onofrio tra il 1660 e il 1670 per il Palazzo Colonna, poi spostati nel 1740 nella Grande Galleria. Carlo Maratta si occupò della realizzazione dei putti, mentre Mario de’ Fiori e Giovanni Stanchi dipinsero le ghirlande di fiori. I due pittori di natura morta si avvalsero anche dello studio dal vero nel realizzare la grande varietà di fiori, prendendo spunto da quelli coltivati nel grande giardino del Palazzo. Per quanto riguarda Niccolò Stanchi (1623/ 1690), il fratello minore titolare della bottega dopo la morte di Giovanni, si ricordano gli specchi in palazzo Borghese, eseguiti nel 1675 in collaborazione con Ciro Ferri (1634/ 1689).

In conclusione, il dipinto in oggetto è da considerarsi esempio preclaro della vasta fortuna che questo genere di pittura ebbe nel Sei-Settecento e che si perpetrò fino all’inizio del XIX secolo, ancora commissionato da collezionisti che desideravano ornare i propri palazzi con tale genere di quadri dai soggetti spensierati e aggraziati.

L’opera presenta tela e telaio, nonché una cornice ottagonale a cassetta di grande pregio, di epoca barocca. È possibile che l’autore del dipinto abbia utilizzato una tela seicentesca riadattata e consona al soggetto tipicamente barocco. Ciò potrebbe essere avvenuto su incarico della committenza, in un epoca come quella del XIX secolo, in cui si assiste a un revival del Barocco e del Rococò a livello europeo. Il pittore, come notato, è palesemente ispirato dai grandi maestri Sei e Settecenteschi del genere, in particolare, per la composizione e i putti, a Carlo Maratta e Mario de’ Fiori e, probabilmente, appartiene a quella categoria di fioranti che in Roma conobbe notevole fortuna nell’arredo dei palazzi signorili soprattutto dopo l’unità di Italia. Un artista ottocentesco, dunque, ma di grande qualità in grado di ricreare e rileggere con maestria la grande arte seicentesca romana; artista dotato di ottime basi accademiche che crea composizioni dalla cromia vivace ed accesa e di notevole equilibrio compositivo. Purtroppo i fioranti dell’Ottocento romano non sono stati ancora oggetto di studi accurati e auspichiamo che possano esserlo presto al fine di chiarire figure e percorsi culturali.

Carlotta Venegoni

Brozzetti Antichità

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