Natività scuola lombarda XVII sec. olio su tavola; 47x37 cm.

AA-343641
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La tavola che presentiamo ha per un tema un ben noto soggetto, di consolidata tradizione iconografica sacra: la Natività. A rendere originale il dipinto, è, tuttavia, la prorompente novità del linguaggio dell’artista in questione, attraverso una serie di dati rilevabili al primo sguardo e che...
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La tavola che presentiamo ha per un tema un ben noto soggetto, di consolidata tradizione iconografica sacra: la Natività.

A rendere originale il dipinto, è, tuttavia, la prorompente novità del linguaggio dell’artista in questione, attraverso una serie di dati rilevabili al primo sguardo e che ne suggeriscono un accostamento ed un’attribuzione alla scuola del pittore Girolamo Romani detto Romanino (Brescia 1484-1566).

Ci troviamo, infatti, nella nostra Natività, di fronte ad una tutt’altro che trascurabile novità di linguaggio, che rispecchia in pieno i termini descrittivi riservati al Romanino da Angelo Piazzoli: “il pittore della consapevole rottura anticlassica, impetuoso sperimentatore di un impasto nel quale ribollono la cultura prospettica milanese, i colori e gli umori della laguna veneta, tratti gotici e grotteschi di derivazione düreriana, la concretezza tipicamente lombarda dell’attenzione al vero. Il tutto sempre animato da una spinta interiore di urgente religiosità” (A. Piazzoli, F. Larovere, Girolamo Romanino, il testimone inquieto, Bergamo 9-30 ottobre 2015).

A lungo si è parlato infatti, a proposito del Romanino, di “anticlassicismo” e “linguaggio sgrammaticato”, due condizioni ugualmente ravvisabili nella nostra tavola, elementi diretti di specularità e di confronto con il “plurilinguismo stilistico” del Romanino, tanto celebrato dal Testori, che richiama particolarmente l’attenzione, a riguardo, sull’esperienza “periferica” dell’artista in Valcamonica (affreschi di Pisogne e Bieno), dove il Romanino, con debordante irruenza, sovverte i codici linguistici del classicismo e del manierismo. 

Questi contesti periferici, in cui “palpita la storia di un’umanità popolaresca, nella rustica, e talvolta sgraziata, fisicità dei corpi e nella dimessa semplicità degli abiti” (A. Piazzoli, Ibidem) trova eco e corrispondenza nel nostro dipinto, in cui nulla è concesso alla ieratica compostezza rinascimentale o alla visionaria e spiritualizzante trasformazione delle forme manieristica.

In tal senso risuonano quanto mai attuali le parole di Dell’Acqua, sovrintendente alle Gallerie per la Lombardia, che aveva voluto il convegno bresciano del 1965 proprio per comprendere a fondo “in che misura l’arte del Romanino parli alla coscienza, alla sensibilità di oggi”, facendone un nostro contemporaneo, contemporaneo ad un’inquietudine definita da Guttuso “romantica” ed in cui “le tanto proclamate disuguaglianze stilistiche appartengono a quelli che ricercano”. 

 

Si certifica la sua autenticità con foto e documenti 

misure : 47x 34 tavola 

cornice : 70 x60

 

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Italy