Ludovico Gimignani ( 1648-1697), attr., Il Sogno di Elia

AA-384178
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Ludovico Gimignani (Roma, 1648-Zagarolo, 1697), attr Il Sogno di Elia Olio su tela, cm 51 x 38   Il profeta Elia dopo la strage dei seguaci di Baal fuggì nel deserto e, affamato ed assetato, invocò la morte fino a che non si addormentò. Gli apparve così in sogno un Angelo che...
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Ludovico Gimignani (Roma, 1648-Zagarolo, 1697), attr

Il Sogno di Elia

Olio su tela, cm 51 x 38

 

Il profeta Elia dopo la strage dei seguaci di Baal fuggì nel deserto e, affamato ed assetato, invocò la morte fino a che non si addormentò. Gli apparve così in sogno un Angelo che lo invitò a destarsi e a mangiare. infatti, al risveglio trovò davanti a sé acqua e pane. 

Il dipinto in esame trae ispirazione da tale racconto biblico che viene ambientato, anziché nel deserto, all’ombra di un albero cui fa da sfondo un cielo carico di nubi in cui sfuma la vetta di una montagna. 

l’Angelo ed Elia agiscono in proscenio, leggermente decentrati: l’anziano profeta è semisdraiato appoggiato con un braccio su di una roccia, e sobbalza al richiamo dell’angelo che appare all’improvviso trasportato da una nuvola. Nell’angolo in basso a destra è collocata una brocca di vetro colma d’acqua e del pane, doni dell’Angelo per il sostentamento di Elia.

L’opera si impernia su un gioco di diagonali: la prima quella tracciata dal tronco dell’albero su cui si imposta la figura di Elia. La seconda  è quella disegnata dal fianco della montagna sullo sfondo. Esattamente al centro e verticalizzante è invece la figura dell’Angelo, nonché Messaggero di Dio. 

Il dipinto mostra in ogni sua parte grande qualità tecnica, come dimostrano alcuni dettagli, più di tutti il gioco di riflessi e trasparenze del vetro della brocca e l’esaltazione dalle cromie sature, quasi smaltate e fra di loro in perfetta armonia. 

l’analisi stilistica della tela in esame rimanda a un pittore attivo a Roma nella seconda metà del Seicento, quali Luigi Garzi, Filippo Lauri e Ludovico Gimignani. 

Particolari rimandi sono indirizzati proprio al Gimignani, soprattutto grazie al confronto con alcune sue opere quali Tobia e San Raffaele Arcangelo, a Roma presso la Chiesa di Santa Francesca romana ove si rintracciano simili modalità di costruzione ambientale, oppure nella pala per la collegiata di Ariccia che palesa analogie fra le fisionomie di Giuseppe e del nostro Elia. 

Risulta inoltre efficace il confronto con l’angelo nell’Estasi di San Francesco, oppure con la palette di colori impiegata per il Narciso, opere entrambe di collezione privata. 

Ludovico Gimignani (1643-1697) si forma sotto la guida del padre Giacinto, alunno a sua volta di Pietro da Cortona, con il quale lavora a inizio carriera. Fra le sue collaborazioni si annovera quella con Bernini; quest’ultimo, infatti, ha supervisionato l’esecuzione dei lavori nella Collegiata di Ariccia del 1665, ove il Gimignani ha eseguito la sopracitata pala raffigurante il risposo dalla fuga in Egitto. Ludovico godette anche della protezione di Clemente IX che gli consentì di effettuare un viaggio studio a Venezia, Lombardia ed Emilia insieme a Giovan Battista Gaulli detto il Baciccia. Tornato a Roma, il Gimignani è impegnato nella decorazione di diverse chiese romane ove accorda a stilemi e impostazioni romane il colorismo veneto e gli influssi veronesiani. 

 

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