XIX secolo, Venere pudica

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XIX secolo Venere pudica Gesso, cm h. 158   Venere, la greca Afrodite, è qui raffigurata in gesso secondo a tipologia iconografia detta della “pudica”. La dea, infatti, è colta nell’atto di coprirsi istintivamente il seno e il pube con le mani, come se si fosse accorta di...
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XIX secolo

Venere pudica

Gesso, cm h. 158

 

Venere, la greca Afrodite, è qui raffigurata in gesso secondo a tipologia iconografia detta della “pudica”. La dea, infatti, è colta nell’atto di coprirsi istintivamente il seno e il pube con le mani, come se si fosse accorta di essere scrutata da uno sguardo indiscreto. Il modello, offerto dalla celebre Afrodite Cnidia realizzata da Prassitele alla metà del IV secolo a.C., conobbe grande fortuna in età ellenistica e romana e fu reinterpretata in numerose varianti. L’opera fa riferimento alla celebre Venere de' Medici, una statua greca ellenistica originale in marmo, databile alla fine del I secolo a.C. e conservata nella Tribuna della Galleria degli Uffizi. Arrivata a Roma in un momento imprecisato dell'antichità, decorava villa Adriana a Tivoli. Nel Rinascimento, con la febbre collezionistica delle grandi famiglie presenti in città, venne probabilmente acquistata dall'allora cardinale Ferdinando de' Medici per essere esposta a villa Medici.

Simbolo della bellezza antica nel periodo neoclassico, fu ammirata da Napoleone, che chiese espressamente di vederla nel suo breve soggiorno in città nel 1796. Dopo la conquista dell'Italia e il trasferimento di beni artistici a Parigi (1803), la Venere entrò nel programma di trasferimento delle opere via mare a Palermo progettato dal Granduca Ferdinando III per permettere alla scultura di rimanere in Italia; ma l'espediente non funzionò e la Venere fu quindi inevitabilmente tra le prime opere ad essere portate via dalle spoliazioni napoleoniche del Granducato di Toscana (1803).

John Ruskin descrisse la Venere de' Medici estasiato: «una delle più pure ed elevate incarnazioni della donna mai concepite». 

Evidente è la ricerca di una resa naturalistica e idealizzata del corpo femminile nudo, la cui postura ricorda anche quella della Venere Capitolina. Sulla gamba sinistra sono appoggiati un amorino su delfino e un cigno, che servono ad aumentare la stabilità dell'insieme.

 

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